Licenziata dall'Iper di Seriate
una cassiera è stata reintegrata

Da vent'anni lavorava all'Iper Montebello di Seriate, poi nel giugno 2012 è stata licenziata: il suo fondo cassa giornaliero di 100 euro aveva registrato, in diverse occasioni, qualche euro in meno (ma anche qualche euro in più). Ora è stata reintegrata.

Da vent'anni lavorava all'Iper Montebello di Seriate, poi nel giugno 2012 è stata licenziata: il suo fondo cassa giornaliero di 100 euro aveva registrato, in diverse occasioni, qualche euro in meno (ma anche qualche euro in più). E. B., lavoratrice di 42 anni residente a Scanzorosciate, ha sempre sostenuto di non aver rubato nulla, eppure alla contestazione disciplinare per presunti ammanchi è seguito il licenziamento.

«Evidentemente il sistema di lavoro e i ritmi serrati a cui sono sottoposte le cassiere non sono un buon motivo per "perdonare" errori di pochi euro nella contabilità di fine giornata - commenta Carmelo Ilardo, responsabile dell'Ufficio Vertenze della Cgil di Bergamo -. La lavoratrice si è rivolta a noi. Abbiamo incontrato non poche difficoltà nel difenderla, come anche nell'ottenere la solidarietà e l'aiuto delle sue colleghe e dei rappresentanti sindacali interni appartenenti ad altre sigle sindacali. Eppure ce l'abbiamo fatta: la lavoratrice tornerà al suo posto. Ci sono state offerte somme di denaro per chiudere la questione: sono state rifiutate perché qui in gioco c'è la dignità di una lavoratrice che non è una ladra».

«L'istruttoria testimoniale ha confermato che, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio dello scorso anno, furono in più giorni riscontrate delle irregolarità nel fondo cassa del cassetto in dotazione a E. B.», si legge nelle considerazioni del Giudice che scrive: «Non è credibile la difesa della lavoratrice secondo cui le irregolarità sarebbero imputabili a non ben identificati terzi» ma «d'altra parte proprio queste particolari caratteristiche dei fatti rendono in generale inverosimile la tesi del furto anche rispetto alla stessa ricorrente».

Nel fondo cassa (di norma di 100 euro), infatti, in alcune occasioni restavano 80 euro oppure 97,21 euro, ma in un caso anche 109,34 euro. E, ancora, si legge: «Questa condotta negligente avrebbe potuto essere punita dalla datrice di lavoro con una sanzione conservativa, anche severa. (…) E tuttavia, in assenza della prova di una volontà predatoria (…) il licenziamento appare in questo caso misura assolutamente sproporzionata, tenuto conto delle somme in gioco (poco più di 60 euro)».

Per questo il 20 febbraio scorso l'azienda è stata condannata dal Giudice del Lavoro Angela Corvi a reintegrare la ricorrente al suo posto e a risarcirle il danno in misura pari alle retribuzioni e ai contributi per il periodo dal licenziamento fino alla reintegrazione.

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