I migliori brand del reddito
Ubi occupa il terzo posto

Sul podio delle grandi banche, Ubi si ritaglia alcuni spazi di primo piano. Dall'autunno scorso a oggi appare ormai consolidato il terzo posto nella classifica nazionale per capitalizzazione di Borsa.

Sul podio delle grandi banche, Ubi si ritaglia alcuni spazi di primo piano. Dall'autunno scorso a oggi appare ormai consolidato il terzo posto nella classifica nazionale per capitalizzazione di Borsa. Con le ultime quotazioni, ieri Ubi ha chiuso in leggero rialzo (più 0,41%) a 2,92 euro, il gruppo di piazza Vittorio Veneto vale in Borsa quasi 2,6 miliardi.

La distanza con le due big è naturalmente molto ampia: si parla di 20,3 miliardi per Intesa Sanpaolo, comprendendo le azioni di risparmio, e di quasi 20,2 miliardi per Unicredit. Ma il terzo posto, davanti al Monte dei Paschi di Siena che è quarto con 2,07 miliardi circa, è pur sempre un piazzamento di tutto rispetto. E non è l'unico.

Ubi è terza fra le prime banche italiane commerciali per valore del marchio. La classifica viene stilata ogni anno a livello internazionale da Brand Finance, gruppo leader nella consulenza per la valutazione dei brand con quartier generale a Londra e una rete di uffici dall'Asia agli Stati Uniti. Nella graduatoria 2013 dei 500 marchi più quotati nel mondo bancario, guidata dalla statunitense Wells Fargo il cui marchio vale qualcosa come 26,04 miliardi di dollari, Ubi si piazza al 140° posto, con un valore stimato di 1,06 miliardi di dollari, in netta crescita, il 14% in più, rispetto ai 930 milioni dell'anno precedente.

Tra le banche italiane fanno meglio di Ubi solo Unicredit, al 46° posto con 4,93 miliardi di dollari, e Intesa Sanpaolo, con il 106° piazzamento e 1,66 miliardi di dollari. Al 129° posto ci sarebbe anche Banca Imi, con 1,17 miliardi, che fa sempre parte del gruppo Intesa Sanpaolo ma non è una banca commerciale tradizionale bensì una banca di investimenti. Un altro terzo posto Ubi se lo guadagna con i giudizi delle agenzie di rating, mentre i risultati migliori li ottiene negli indicatori riferiti ai volumi per dipendente: il gruppo bancario è infatti primo sia per crediti sia per raccolta diretta, con un aumento fra l'altro dell'efficienza: i crediti per dipendente infatti fra il 2007 e il 2012 sono cresciuti quasi del 14%, dato simile a quello registrato nella crescita dei crediti per sportello.

Ubi è invece al secondo posto per proventi operativi per dipendente e per i livelli di liquidità: il rapporto fra impieghi e raccolta diretta è infatti al 94%. Una curiosità sul cambiamento del rapporto con la clientela. Mentre la rete di sportelli è stata via via razionalizzata, passando dai 1.908 di sei anni fa agli attuali 1.735, è cresciuta la clientela on line: l'anno scorso ha superato il tetto di un milione, risultando più che raddoppiata rispetto al 2007. Anche per quanto riguarda i risultati economici del 2012, Ubi è stata fra le poche banche in utile, con 82,7 milioni, terza dopo Intesa Sanpaolo (con 1.605 milioni di euro) e Unicredit (con 865 milioni).

Il tasto dolente è per tutti la quotazione di Borsa. Anche se spacchettando l'analisi per periodi emerge una curiosità: dall'aumento di capitale in poi il calo di Ubi in Borsa ha rallentato il passo. Negli ultimi sei anni le perdite di valore sono state superiori all'80% per Ubi e anche sopra il 90% per altri gruppi. Perdite significative sono state riportate da Ubi fra il 2007 e l'annuncio dell'aumento di capitale, dato a fine marzo del 2011, e dall'annuncio alla conclusione dell'aumento, a luglio dello stesso anno. Da allora a oggi invece il ritmo delle perdite è diminuito scendendo sotto il 20%, mentre per altri gruppi è rimasto sopra.

Silvana Galizzi

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