Con i trasmettitori di Caravaggio
televisori accesi in tutto il mondo

Una crisi globale, che si può contrastare solo con un ulteriore salto in avanti sul fronte tecnologico: così la Abe di Caravaggio continua ad essere punto di riferimento mondiale per i trasmettitori televisivi pur avendo mantenuto una piccola dimensione.

Una crisi globale, che si può contrastare solo con un ulteriore salto in avanti sul fronte tecnologico: così la Abe di Caravaggio continua ad essere punto di riferimento mondiale per i trasmettitori televisivi pur avendo mantenuto una piccola dimensione, con soli 25 dipendenti e un fatturato rimasto attorno ai 5 milioni di euro, di cui l'80% raccolto con commesse extra Ue.

«D'altronde il know how non è direttamente proporzionale alle dimensioni aziendali - spiega il presidente e fondatore di Abe Roberto Valentin -: la nostra forza è nel puntare costantemente sulla ricerca, che assorbe il 20% del nostro fatturato, per trovare soluzioni innovative in grado di mettere in comunicazione zone anche molto remote del pianeta».

Così è capitato alla società della Bassa bergamasca di operare anche in Paesi a forte rischio: in passato in Bosnia o Kosovo, ma anche in Israele e a Gaza, dove Abe riattivò due volte gli impianti della tv palestinese dell'allora leader Arafat; mentre oggi ha fornito i suoi trasmettitori anche a una società dell'Afghanistan (Afghanistan Broadcasting Corporation), contribuendo invece a creare una rete televisiva digitale per l'operatore di telefonia mobile di Haiti.

«Il nostro mercato è il mondo - aggiunge Valentin -, ma la crisi ha ulteriormente accresciuto una concorrenza che già era spietata. Per riuscire a batterla, l'unica strada è creare nuove apparecchiature per migliorare le performance, a costi accessibili». Valentin si può considerare un pionere del settore: nel 1979, quando fondò Abe a Caravaggio, tenne a battesimo anche una delle prime radio private della Bassa (Radio Liberty nel 1979) e poco dopo anche una tv locale (StudioTv1) entrambe con sede a Treviglio.

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