Donne al lavoro, rispetto ai maschi
qualifiche e salari più bassi

La «parità» tra uomo e donna sul lavoro è ancora distante. Distinzioni, ovviamente negative, nel momento dell'ingresso al mondo del lavoro: distinzione, sempre a perdere, a livello retributivo e nel percorso di crescita professionale: distinzioni, ancora in negativo, nei percorsi di formazione professionale. E ora, con la grande crisi ben oltre le porte delle fabbriche, distinzioni in negativo anche nel rischio di «perdita» del posto di lavoro.
I risultati dei report orobici sulla situazione occupazionale femminile (sulla base degli obblighi imposti dalle legge 125) nelle fabbriche metalmeccaniche bergamasche (monitorate, in tutto, sono 56 aziende di ogni ordine e grado) confermano.
Come risulta dall'indagine lo spazio maggiore alle donne (in termini di percentuale di occupazione femminile sul totale degli addetti) è riservato nelle medie imprese. A fronte di un tasso medio d'occupazione femminile pari al 21%, si tocca il picco del 30,4% nelle aziende tra i 500 e i 1.000 dipendenti, del 29,4% tra i 250 e i 500 addetti e del 22,7% tra i 100 e i 250 addetti. Si scende a 15% nelle aziende oltre i 1.000 dipendenti.
Che si parli di compiti impiegatizi o da operaie, una caratteristica che tende a contraddistinguere l'occupazione femminile nelle aziende metalmeccaniche bergamasche è l'inquadramento che, percentualmente sul totale degli occupati con medesime mansioni, si rivela consistente nelle fasce «basse» delle singole categorie: 3°-4° livello tra gli impiegati e 2°-3° livello tra gli operai.
Emerge poi chiaramente il gap retributivo tra uomini e donne che svolgono le stesse mansioni con le stesse responsabilità: per gli impiegati si va da un -4,7% al 2° livello al 18% circa per il 6° livello; per gli operai, invece, dal 13,9% per il 3° livello al 35,9° per il 5° super.
Le donne non possono (se non in limitati casi) nemmeno sperare di poter «migliorare» la propria situazione professionale. Per quanto riguarda la formazione professionale i dati parlano chiaro: solo il 12% del personale coinvolto è donna, e complessivamente solo il 17% del volume delle ore di formazione complessivamente organizzate interessa la componente femminile.

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