Maglificio Dalmine, i sindacati
«Il sindaco Terzi non risponde»

Restano in attesa (e lo sono da 10 giorni) i lavoratori del Maglificio Dalmine spa, dove è stata annunciata una procedura di mobilità per 73 persone sulle attuali 136 in organico: il 1° ottobre scorso i due sindacalisti che seguono da vicino la vertenza, Damiano Bettinaglio per la Filtea-Cgil e Sergio Licini per la Femca-Cisl, hanno chiesto un incontro al sindaco di Dalmine Claudia Terzi. Ancora nessuna risposta è arrivata dal municipio.

«Contrariamente a quanto alcuni organi di stampa locali hanno lasciato intendere non si è svolto nessun incontro tra organizzazioni sindacali e amministrazione comunale di Dalmine - spiegano Bettinaglio e Licini -. Pare ci sia stato un contatto tra Comune e direzione aziendale sulla procedura di mobilità, annunciata ma non ancora ufficialmente aperta. Attendiamo, dunque, di incontrare il sindaco di Dalmine e speriamo di farlo il prima possibile, perché siamo convinti che anche gli enti locali debbano fare la loro parte. Ci aspettiamo che il sindaco Claudia Terzi, una donna, al fianco delle lavoratrici del Maglificio Dalmine, quasi tutte donne, chieda, con noi, all’azienda e a Confindustria il prolungamento della cassa integrazione senza che si debba avere la spada di Damocle della procedura di mobilità sulla testa. Come sindacato dei tessili bergamaschi riteniamo, infatti, che le donne - a maggior ragione in un settore in prevalenza femminile - in questa crisi stiano pagando un prezzo troppo alto e insostenibile».

Il 15 ottobre è previsto un nuovo incontro in Confindustria. In quest’occasione i sindacati chiederanno, come già hanno fatto, che l’azienda si attivi per ottenere otto mesi di Cigs in deroga dal 1° gennaio 2010 con rotazione mensile del personale coinvolto.

Nell’azienda tessile di maglieria e accessori di Dalmine è in corso una cassa integrazione straordinaria di 7 mesi, prevista fino al 31 dicembre 2009. Una cassa così breve è motivata dal fatto che nel quinquennio dal 10-08-2005 al 9-08-2010 (quinquennio fisso previsto dalla normativa nazionale nel quale un’azienda industriale può utilizzare un massimo di 36 mesi tra Cigo e Cigs) l’azienda ne ha già utilizzati ben 29.

«L’azienda si è dimostrata molto rigida sulla possibilità di utilizzare lo strumento della rotazione: o accettate la cassa in deroga senza rotazione oppure noi licenziamo, ci hanno detto», concludono i sindacalisti.

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