Bergamo, da gennaio a oggi
hanno perso il lavoro in 2.387

Sono 2.837 - secondo i dati elaborati dal Dipartimento del mercato del lavoro della Cgill analizzando i "numeri" forniti dal Centro per l'impiego - i cittadini di Bergamo che hanno perso il lavoro dal 1° gennaio ad oggi. Non si tratta di "cessazioni" (la stessa persona può aver interrotto più rapporti nel corso dell'anno) ma di persone fisiche individuate con il codice fiscale.

«Può essere interessante - spiega Orazio Amboni (Cgil) -, analizzare il dato nei dettagli per individuare meglio chi sono i soggetti più colpiti dalla crisi. Innanzitutto va notato che la cifra di 2.387, di per sé assai elevata, non dà conto dell’intero fenomeno. Infatti nel conto non sono compresi i soci lavoratori delle cooperative per i quali non si parla di “cessazione” ma di “sospensione”, nella stragrande maggioranza dei casi senza alcun ammortizzatore sociale. Infatti, se si escludono le cooperative sociali più corrette (di solito le associate alle centrali cooperative: ConfCooperative e Lega Coop) nelle quali è stato possibile firmare accordi per la cassa in deroga, negli altri casi ai lavoratori viene consegnata una lettera nella quale li si informa che per mancanza di lavoro non saranno retribuiti».

«Difficile quantificare il fenomeno ma una stima attendibile potrebbe attestarsi su almeno 2-300 casi (un numero maggiore gravita nell’hinterland, nei centri di snodo delle vie di comunicazione) concentrati nel settore facchinaggio e trasporti (magazzini, spe-dizioni, servizi alle aziende...) che occupa in prevalenza lavoratori immigrati. La loro condizione è certamente la peggiore perché non possono accedere agli ammortizzatori sociali e nemmeno esibire una lettera di licenziamento con la quale, ad esempio, accedere al contributo straordinario per gli affitti erogato dalla Regione Lombardia».

I 2.387 «cessati» sono divisi quasi per metà tra maschi (1.177, il 49%) e femmine (1.210, il 51%). Ma poiché le femmine sono solo il 38% degli occupati (dato medio provinciale), il fenomeno della disoccupazione le colpisce in misura maggiore. Il dato è confermato anche dalla composizione degli iscritti alle liste di disponibilità presso i Centri per l’Impiego, nelle quali le femmine rappresentano il 57% degli inclusi (dato C.p.I. 30 sett. 2009).

Un po’ diversa è la situazione se considerano solo i “cessati” di cittadinanza non italiana.

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