«Acciaio, siamo spiazzati dal boom cinese»

«Acciaio, siamo spiazzati dal boom cinese»Benvenuti (Falck-C.N.S.): la situazione è anomala per gli europei che hanno un ciclo economico basso «Il mercato è sotto l’effetto di un’ubriacatura da eccesso di domanda. E così i prezzi schizzano in alto»

«È come se d’un tratto, nel panorama mondiale dell’acciaio, fosse spuntata una nuova Germania». Poche parole, un esempio concreto, per descrivere la situazione congiunturale d’emergenza vissuta sul mercato internazionale dell’acciaio che oggi, soffre di una conclamata scarsità di materie prime (minerali in ferro, carbon coke e rottami) e, conseguentemente, di un’impennata dei prezzi che si ripercuotono anche sui prodotti finiti. Con questo paragone a tracciare con chiarezza la situazione che si vive quotidianamente sui mercati internazionali è Ferrante Benvenuti, presidente ed amministratore delegato della Falck Acciai - C.N.S. srl di Grassobbio, la società di commercializzazione e distribuzione di prodotti siderurgici in acciai speciali del gruppo Falck che oggi, continuando nella tradizione centenaria di produzione e commercializzazione dell’acciaio, è presente nel settore oltre che con la commerciale anche con il laminatoio a freddo di Oggiono (in provincia di Lecco) Itla Spa.

«Sono trent’anni che mi occupo di acciaio nel gruppo Falck e, sinceramente, devo dire che una situazione come quella che si sta vivendo oggi non mi era mai capitata - sottolinea Benvenuti -. La situazione è assolutamente anomala per una serie diversa di fattori. Primo fra tutti il fatto che il mercato dell’acciaio di riferimento per noi operatori italiani, Italia ed Europa, oggi non sta vivendo alcuna situazione di boom di consumi: e nemmeno si registra una situazione di ripresa economica che giustifichi i rialzi. In questo contesto, invece, sono evidenti forti impennate dei prezzi delle materie prime che, purtroppo, sono reali e incidono fortemente sui costi». Di conseguenza, racconta Benvenuti, prezzi al rialzo anche per i prodotti lavorati e finiti che, a cascata, si ripercuotono sull’operatore successivo fino al mercato finale. «Ma è difficile comprendere il perché di questa situazione».

E il perché, in questo momento, sta tutto nella Cina. «Tra il 2002 e il 2003 la Cina ha visto crescere la sua produzione di acciaio di 40 milioni di tonnellate: un boom che ha spiazzato il mercato mondiale. In pratica è come se nell’arco di un anno fosse sbucato sul panorama internazionale un altro produttore come la Germania». Il problema è che a «boom» avviato, ad oggi appare difficile che la nuova situazione rallenti. Anzi. «I cinesi a quanto pare intendono continuare nella loro galoppata, visto e considerato come abbia avviato uno sviluppo economico strepitoso. Di conseguenza, in questo momento loro stanno drenando il mercato mondiale delle materie prime e dei prodotti finiti siderurgici. Il che crea oggettive difficoltà in tutti i campi per le ferriere europee».

Se a questo si aggiunge il fatto che anche gli Stati Uniti non stanno a guardare e per sostenere la loro crescita economia «importano a prezzi elevati», il quadro è quasi delineato e di facile interpretazione: il mercato è, per così dire, «drogato» da questi particolari fenomeni. Il fatto è che oggi carbon coke e minerali di metalliferi (per la produzione di acciaio in altoforni) e rottami (per la produzione di acciaio in forni elettrici) cominciano a scarseggiare e, seguendo la più classica delle leggi economiche quando la domanda è superiore all’offerta, il «mediatore» diventa il prezzo. Che schizza automaticamente in alto.

«Le materie prime? Dieci giorni fa (quindi i prezzi potrebbero essersi già modificati) il coke costava 225-230 dollari a tonnellata: se ne pagavano 50 solo poco tempo fa. Vogliamo parlare di minerale di ferro? Otto dollari a tonnellata che in breve tempo sono diventati 32 oggi e che in occasione di acquisti "spot" (diciamo quelli di necessità immediata) diventano anche 40. Non parliamo dei rottami: li si pagano 200 euro a tonnellata contro i 110-120 in situazione pre emergenza». Un quadro preoccupante e in un certo senso devastante per gli operatori del mercato. «Preoccupante di certo. Soprattutto per gli operatori che si vedono costretti oggi a stipulare contratti di fornitura per far fronte a quelli in scadenza. Per non parlare di chi è stretto da necessità imminenti, e cerca quindi le cosiddette "quantità incrementali" (quelle, per intenderci, che servono subito): in questi casi si è vittima della ghigliottina dei contratti "spot"». Ovviamente più onerosi ancora ai già esosi prezzi per forniture di medio-lungo periodo. Il problema vero è che, comunque, nessuno scommette su quando la situazione tornerà alla normalità. «In questo momento c’è un’ubriacatura del mercato. Ma come le vere ubriacature prima o poi passerà. Tre mesi o tre anni: nessuno può dirlo con certezza. Anche se nel lungo periodo, è evidente, il fenomeno è destinato a rientrare». Tutto sarebbe più facile se la situazione fosse vissuta con coscienza dal nostro mercato. «Malgrado la globalizzazione tutti fanno ancora i calcoli facendo riferimento alla sola situazione di "casa Europa". È difficile far comprendere a tutti i livelli perché i prezzi nel settore dell’acciaio si stanno impennando: la gente non capisce ed è difficile far comprendere l’impatto dei fenomeni esogeni che hanno colpito il settore e che, alla fine, condizionano mercati e prezzi di tutto quanto è fatto in acciaio: dalle costruzioni ai tubi, dagli particolari ai mobili in metallo».

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