Aziende rosa? Le più innovative
Bergamo, imprenditrici in aumento

Per quanto fortemente colpite dalla crisi, le donne non solo hanno mostrato negli ultimi anni una capacità di resistenza maggiore rispetto agli uomini, ma si sono dimostrate anche più in grado di intercettare gli spazi di innovazione. Aumentano le imprenditrici a Bergamo.

Per quanto fortemente colpite dalla crisi, le donne non solo hanno mostrato negli ultimi anni una capacità di resistenza maggiore rispetto agli uomini, limitando gli effetti negativi sul sistema imprenditoriale, ma si sono dimostrate anche più in grado di intercettare gli spazi di innovazione, di cambiamento e di crescita offerti dal terziario facendo della crisi un’occasione per rimettersi in gioco e trasformarla in una vera e propria opportunità.

Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono dall’Osservatorio Confcommercio-Censis sull’evoluzione dell’imprenditorialità femminile nel terziario tra il 2009 e il 2013, presentati stamattina nel corso di un incontro a Palermo.

Si assottiglia la base imprenditoriale, ma le donne resistono meglio degli uomini. Dal 2009 il numero complessivo di imprenditori, intendendo con tale termine titolari e soci di imprese, è passato da 4 milioni 514 mila a 4 milioni 308 mila del 2013, registrando un’emorragia di oltre 205 mila unità, pari al 4,6%. Le donne hanno però mostrato una capacità di resistenza maggiore.

A fronte infatti della diminuzione di 158 mila imprenditori (-5%), tra le donne le perdite sono state inferiori, sia in termini assoluti (-47 mila imprenditrici tra 2009 e 2013) che relativi (-3,5%). L’effetto combinato delle diverse dinamiche ha determinato una crescita seppur lieve del livello di femminilizzazione della nostra imprenditoria: l’incidenza delle imprenditrici sul totale degli imprenditori è infatti passata dal 29,8% del 2009 al 30,1% del 2013.

Il territorio fa la differenza. Il Sud è l’area che ha vissuto l’emorragia più importante di imprenditori: tra 2009 e 2013 se ne sono persi quasi 81 mila (-5,4%), di cui 23 mila donne (-5,2%) e 57 mila uomini (-5,4%). Ma anche nel Nord produttivo le perdite sono state significative. Al Nord-Est in particolare (-5,6% tra 2009 e 2013), è stata la componente maschile ad essere più sacrificata dalla crisi (con un calo del 6,6% contro il 3% delle donne).

Al Nord-Ovest invece la tendenza è stata simile alla media del Paese. Da segnalare è la situazione del Centro Italia, che registra malgrado le difficoltà di molti territori e settori produttivi, una tenuta del sistema imprenditoriale e occupazionale migliore: sia sul fronte dell’impresa femminile che maschile si segnala un calo rispettivamente dell’1,9% e 3,5%. Molise (34,7%), Umbria (33,4%) e Abruzzo (33,3%), sono le regioni con la più altra incidenza di imprese femminili sul totale, mentre a livello provinciale si distinguono Avellino (38,2%), Frosinone (37,3%), Benevento (37,1%), Isernia (36,5%).

Ancora, in uno scenario che vede in quasi tutte le province italiane diminuire il numero delle donne titolari di impresa, sono da segnalare i casi di Prato, Bergamo, Lecco, Messina, Rimini e Bolzano, dove al contrario si registra un aumento.

Resiste il terziario femminile, tra diversificazione e ricomposizione. Il terziario si conferma come il settore che gode di miglior salute. Il numero delle imprenditrici è rimasto pressochè invariato negli anni (-0,3% tra 2009 e 2013) mentre si rafforza il suo peso sull’economia: la quota di imprenditrici terziarie sul totale è passata dal 66,6% del 2009 al 68,9% del 2013. Le donne hanno, da un lato, consolidato ulteriormente la loro presenza in quei settori in cui tradizionalmente l’impresa al femminile riveste un ruolo centrale: i servizi di alloggio e ristorazione, dove con quasi 140 mila imprese le donne rappresentano il 42,9% della base imprenditoriale.

E’ un settore che continua a registrare una forte espansione visto che anche tra 2009 e 2013 il numero degli imprenditori è aumentato (+4,5%), anche se nella componente maschile più che in quella femminile (+5% contro +3,8%); nelle molteplici attività di servizio alla persona, che hanno a che vedere con il benessere individuale (centri estetici, tatuatori, ecc.), ma anche sociale (attività legate all’organizzazione di eventi): un settore importante (con 207 mila imprese raccoglie l’8,5% delle iniziative imprenditoriali nel terziario) e che vede le donne protagoniste, con 113 mila imprese, pari al 54,4% del totale; nell’assistenza sociale, un settore ancora piccolo, almeno in termini di presenza imprenditoriale (con poco più di 12 mila imprese pesa per lo 0,5%), ma il cui ruolo è destinato a crescere nei prossimi anni: del resto solo tra 2009 e 2013, il numero degli imprenditori è aumentato del 4,8%, e tra le donne del 5,1%.

Qui le imprenditrici giocano un ruolo determinate, rappresentando ben il 59,2% della base imprenditoriale.

Dall’altro lato le donne hanno accresciuto la capacità di iniziativa anche in quelle nicchie emergenti di attività terziaria, tradizionalmente destinate all’intrapresa maschile, quali: le attività finanziarie e assicurative, di brokeraggio, intermediazione, subcontractor, dove le donne rappresentano solo il 29,5%. Negli ultimi anni il settore è cresciuto grazie esclusivamente all’apporto delle imprenditrici, aumentate del 4,3%. Si tratta di un settore ancora marginale (3,9% del totale degli imprenditori) ma destinato a crescere nei prossimi anni, con l’estensione dei meccanismi assicurativi ad ambiti di attività sempre più vasti e rilevanti (si pensi solo alla salute, o alle assicurazioni professionali); le attività immobiliari, come agenti e intermediari, dove la presenza femminile, già buona (rappresentano il 44,5% della base imprenditoriale) si rafforza ulteriormente, segnando un +7,2% tra 2009 e 2013.

Per quanto il terziario abbia dato, nelle sue molteplici articolazioni, prova di maggiore tenuta, non sono mancate le situazioni di crisi in alcuni settori. Il più penalizzato, in termini assoluti è stato il commercio, settore centrale dei servizi (quasi la metà delle imprese terziarie è attiva nel commercio) che ha perso tra 2009 e 2013 quasi 30 mila titolari di imprese (-2,3%), soprattutto donne (-18 mila, per un decremento del 4,4%).

Corre l’imprenditoria straniera, arranca la giovanile. Un contributo decisivo ad arginare gli effetti della crisi è venuto in questi ultimi anni dall’imprenditoria straniera che ha continuato a mostrare trend di crescita sostenuta. Tra il 2009 e il 2013, mentre il numero delle italiane alla guida di un’impresa è diminuito di 65 mila unità (-5,2%), quello delle straniere è cresciuto di oltre 20 mila (+21,9%), portando l’incidenza complessiva delle imprenditrici di origine straniera sul totale dal 6,9% del 2009 all’8,7% del 2013. Il Centro e a seguire il Nord Ovest, sono le aree del Paese in cui si è registrata la crescita più significativa di imprenditrici straniere, rispettivamente del 25,2% e 25,6%. Ma anche al Sud Italia, per quanto meno intensa, la vitalità delle straniere si è fatta sentire: aumenta complessivamente del 15,2% il numero delle imprenditrici.

Le più intraprendenti sono le cinesi. Con quasi 15 mila imprese (il 45,5% in più rispetto al 2009) rappresentavano nel 2013 ben il 17,4% delle donne di origine straniera alla guida di un’azienda, seguite da rumene (8,9%), marocchine (7,6%), svizzere (6,1%) e tedesche (5,4%). Toscana (12,3%), Friuli (11,5%), Lazio (10,8%) e Lombardia (10,7%) sono le regioni con la più elevata presenza di straniere tra le imprenditrici, e in parte anche quelle in cui tale presenza cresce più significativamente: tra 2009 e 2013, in Lombardia, queste sono infatti aumentate del 28,6%. Prato è in assoluto la provincia più internazionalizzata, dove la presenza delle straniere è arrivata nel 2013 a quota 29,5% e dove peraltro continuano a registrarsi tassi di crescita molto sostenuti (+28,4% tra 2009 e 2013). A seguire, anche Firenze (15,8%), Milano (15,5%) e Roma (13,2%) contano una presenza di straniere tra le imprenditrici superiore alla media nazionale.

A fronte della vitalità espressa dall’imprenditoria straniera, va invece segnalata la forte difficoltà ad alimentare il ricambio generazionale all’interno dell’universo imprenditoriale. Tra 2009 e 2013 cala di oltre 10 mila unità (-10,5%) il numero delle imprenditrici con meno di 30 anni, mentre cresce del 3,9% la presenza delle over 50.

Start up figlie della crisi. Negli anni della crisi, a partire dal 2010, sono state iscritte al registro delle imprese 281 mila nuove attività femminili, di cui il 76% nell’ambito del terziario. Su 100 donne titolari di impresa, il 21,6% ha avviato la propria attività negli ultimi tre anni; se si considerano i soli servizi, la percentuale sale al 23,9%. Se le donne hanno mostrato di riuscire a reggere meglio i contraccolpi della crisi, ciò è stato possibile mettendo in campo quella capacità generatrice e rigeneratrice che fa parte della loro natura. Chi sono le neo imprenditrici? Si tratta per lo più di donne giovani, e in alcuni casi giovanissime. Ben il 58,6% (ma nei servizi la percentuale è del 60,3%) ha tra i 30 e 50 anni, 19,1% meno di 30 e ben il 22,2% più di 50 anni. Significativa è la presenza di straniere, pari al 17,3% del totale. Cosa facevano prima di fare il salto al lavoro in proprio? Il 22,7% aveva un’altra occupazione, di tipo per lo più dipendente; il 37,9% era disoccupata o alla ricerca del primo impiego, mentre il 39,4% casalinga o studentessa.

L’attività terziaria costituisce la scelta principale per le donne che hanno deciso di avviare un’impresa negli ultimi tre anni (sceglie questo settore il 76% delle nuove imprenditrici) e ancora di più lo è tra le giovani e giovanissime: ben l’82,3% delle nuove imprenditrici con meno di 30 anni sceglie i servizi per l’avvio di una nuova attività, e stessa preferenza esprime il 78,2% di quante hanno tra i 30 e 50 anni.

Tra gli ambiti più gettonati si contano 74 mila nuove attività di commercio al dettaglio (abbigliamento, alimentare, arredo, ecc), 35 mila attività di ristorazione e catering, 24 mila istituti di bellezza, centri estetici, quasi 20 mila imprese di commercio all’ingrosso; ancora circa 8 mila donne si sono registrate alla Camera di commercio rispettivamente come agenti o intermediari assicurativi, e altrettanti come agenti immobiliari, mentre 5 mila hanno avviato servizi in nuove attività di manutenzione e pulizia di edifici.

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