Borella: «Lavorare tutti e meno
Fiom fuori dalla Cgil? Non esiste»

Ci sono simboli che dicono più delle parole. E nei locali che ospitano gli uffici della Fiom i simboli non mancano. Due stampe in bianco e nero che ritraggono il Che campeggiano l’una a fianco all’altra su una parete, vicino a due vignette di Vauro.

Ci sono simboli che dicono più delle parole. E nei locali che ospitano gli uffici della Fiom i simboli non mancano. Due stampe in bianco e nero che ritraggono il Che campeggiano l’una a fianco all’altra su una parete, vicino a due vignette di Vauro attaccate ad un armadio con l’adesivo.

Un orologio con la scritta Fiom sul quadrante scandisce il tempo e, nell’ufficio del segretario generale di Bergamo, Eugenio Borella, i lavoratori immortalati ne «Il quarto stato» di Pellizza da Volpedo spuntano dietro la scrivania, insieme alle foto del nipotino di 11 mesi in tenuta da fiommino, con pantaloncini e maglietta rossi, su cui spicca il simbolo dei metalmeccanici Cgil.

La Fiom vuole restare all’interno della Cgil?

«Certo. La Fiom non esce dalla Cgil, è improponibile. E il sottoscritto non ha nessuna intenzione di imbattersi in questa avventura. I lavoratori non hanno bisogno di altri soggetti di rappresentanza che non siano finalizzati a migliorare le condizioni nelle fabbriche e questo si può fare esclusivamente attraverso l’aggregazione».

Rapporti distesi, quindi, tra Fiom e Cgil?

«C’è un problema di come si sta e di come si riesce a stare in Cgil, dove da quattro anni la Fiom è stata esclusa dalla gestione del sindacato. Come succede in politica, chi ha vinto (al passato congresso si contrapponevano due mozioni, ndr) ha governato e gli altri - in questo caso la Fiom - sono rimasti all’opposizione».

Guardando alla situazione nella metalmeccanica, vede qualche segnale di miglioramento rispetto alla crisi?

«Il quadro non mostra una controtendenza. Le aziende in difficoltà continuano a chiedere ammortizzatori sociali e quelle che vanno bene non è automatico che assumano».

Come si affronta il nodo dell’occupazione?

«Innanzitutto bisogna dire che non sono i protocolli a creare il lavoro e nemmeno le leggi. D’altra parte non si può sempre sperare in un cavaliere bianco che risolva la situazione, ma si deve pensare a come distribuire il lavoro che c’è in maniera equa».

Lavorare tutti, lavorare meno?

«Perché no. Le imprese preferiscono ricorrere agli straordinari anziché assumere. Sottolineo anche che le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria Bergamo, dovrebbero ragionare su come assorbire le categorie più a rischio, penso agli over 45 e alle donne».

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