«Il nostro territorio s’impoverisce
Non possiamo perdere altri gioielli»

«Può darsi che ce la faremo, ma dovremo cambiare regime, tutti, a cominciare dal carrozzone statale. Le imprese non aspettano: in questi anni sono state decimate, e c’è chi non ha mosso un dito per loro».

«Può darsi che ce la faremo, ma dovremo cambiare regime, tutti, a cominciare dal carrozzone statale. Le imprese non aspettano: in questi anni sono state decimate, e c’è chi non ha mosso un dito per loro». Non usa mezzi termini Paolo Agnelli, nella chiacchierata di fine-inizio anno, che spazia tra economia e politica, tra attese tradite e speranze per un futuro che ancora si fa fatica a delineare.

Presidente Agnelli, Bergamo sembra aver perso parte della sua spinta propulsiva: la crisi ha lasciato segni evidentissimi…

«Temo che il 2013 sarà soprattutto ricordato per l’addio di Creberg e per le tante imprese cadute sotto il peso della crisi, primi fra tutti, alcuni storici capisaldi dell’edilizia e del commercio. Per questo come Imprese & Territorio abbiamo lanciato l’allarme sull’impoverimento in atto sul nostro territorio: non vorremmo che ci portassero via altri gioielli che la nostra comunità ha messo in piedi e reso eccellenti con tanti sacrifici. Tanto per non far nomi: l’aeroporto».

A proposito di Imprese & Territorio, lei fu tra i primi a vagheggiare quest’alleanza..

«Non vorrei peccare di presunzione, ma la scintilla la scatenai proprio io: ricordo ancora una riunione preliminare in cui ci trovammo in Città Alta, il sottoscritto, il presidente di Confesercenti Ambrosioni e l’allora presidente dell’Associazione artigiani Calegari: il tema, tanto per cambiare, era come poter far pesare di più le Pmi, che venivano regolarmente bistrattate, pur contando per almeno il 95% del Pil totale».

Ma come, lo scopo non era quello di espugnare la Camera di commercio?

«Capisco la sua malizia, ma quella fu un’idea che arrivò dopo, quando scese in campo Trigona con la sua diplomazia e la sua forza d’urto e ci rendemmo conto che l’alleanza commercio-piccola industria-artigianato aveva i numeri per funzionare anche a un livello più alto. Confindustria ci sottovalutò, invece diventammo un esempio che fece scuola in tutta Italia».

Come Agnelli, avete all’estero presenze importanti, dall’Est Europa agli Usa, con il recente sbarco a New York: ha mai avuto la tentazione di delocalizzare?

«Certo, ed è un’opzione che purtroppo teniamo ancora in considerazione: sarà decisivo quello che avverrà in Italia nei prossimi 12-18 mesi. Se a Roma non si comincia a promuovere una seria politica delle imprese, che ci permetta di reggere a livello competitivo sui mercati internazionali, l’ipotesi di andare all’estero si farà sempre più forte».

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