In pensione con la «quota 96»
La Cgil: da estendere all’edilizia

La reintroduzione della «quota 96» per andare in pensione va da subito estesa almeno a quei lavoratori che svolgono un lavoro particolarmente faticoso e spesso «usurante» come quello edile. Lo scrive Angelo Chiari, segretario provinciale della Fillea Cgil.

La reintroduzione della «quota 96» per andare in pensione va da subito estesa almeno a quei lavoratori che svolgono un lavoro particolarmente faticoso e spesso «usurante» come quello edile. Lo scrive Angelo Chiari, segretario provinciale della Fillea Cgil.

Nei giorni scorsi la commissione Affari costituzionali ha approvato il decreto di modifica della pubblica amministrazione. Tra le molte novità è previsto per gli insegnanti il ripristino della “quota 96” che è la somma di età anagrafica e contributi versati necessaria a raggiungere i requisiti per la pensione, dando così la possibilità a circa quattromila insegnanti di andare prima in pensione e lasciare spazio ad assunzioni di giovani e precari.

Ottimo provvedimento - scrive la Cgil con Angelo Chiari, segretario provinciale Fillea - che va nella giusta direzione, un primo passo per superare le rigidità di accesso al pensionamento che deve essere estesa a tutto il mondo del lavoro, così come previsto dalla Piattaforma unitaria di CGIL CISL e UIL su Fisco e Previdenza. E’ urgente dare una risposta ai lavoratori che non hanno alternative al pensionamento, se non il requisito contributivo. Così come va cancellata la penalizzazione sul calcolo della pensione per chi ha cominciato a lavorare prima (in prevalenza operai).

La reintroduzione della “quota 96” va da subito estesa almeno a quei lavoratori che svolgono un lavoro particolarmente faticoso e spesso “usurante” come quello edile. Un lavoro per sua natura precario: perché la “fabbrica” del muratore nasce, cresce e poi chiude e non è detto che ne riapra subito un’altra e quindi è più difficile per un lavoratore edile raggiungere in tempi certi i 42 anni di contributi necessari al pensionamento.

Eviteremmo così di trovare muratori sui ponteggi a 65 anni con tutto il carico di rischio per la sicurezza che questo porta con sé. Pertanto va ripresa la questione del pensionamento dei lavoratori che svolgono attività particolarmente faticose e pesanti, visto che non tutti i lavori sono uguali e di conseguenza anche l’attesa di vita è diversa: statisticamente un muratore vive 7/8 anni in meno rispetto alla media. Ci sembra giusto quindi che anche la quantità dei contributi necessari sia ricalibrata in base al tipo di lavoro svolto.

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