La ripresa non cancella i licenziamenti
Metalmeccanici: altri 79 a ottobre

Per i lavoratori del settore metalmeccanico l’annunciata ripresa non cancella i licenziamenti: 531 esuberi a ottobre, 4218 dall’inizio dell’anno in Lombardia.

L’analisi della Fiom Cgil della Lombardia conferma che nell’ottobre scorso sono stati 531 i licenziamenti nella nostra regione, 79 in Bergamasca. Nello stesso mese del 2014 a perdere il lavoro tra impiegati e operai metallurgici furono in 805 (87 a Bergamo).

Sale a 4218 - 585 in terra orobica - il bilancio degli esuberi tra le tute blu nel 2015. Dato sempre in diminuzione rispetto ai 6498 del 2014, ma comunque significativamente allarmante.

Il dettaglio dell’andamento degli esuberi sui territori dice che il problema è diffuso, anche se non omogeneo. A Bergamo sono stati 79, 28 a Brescia, 23 a Como, 2 a Cremona, 52 a Lecco, 3 a Lodi, 51 a Mantova, 110 a Milano, 62 nella provincia di Monza Brianza, 88 a Pavia, 6 a Sondrio, 27 a Varese.

Complessivamente i comprensori in cui si è registrato un aumento in termini percentuali sono il lecchese, il mantovano, il pavese e la zona di Sondrio. «Come affermato in più occasioni, il calo dei valori in termini assoluti sia della cassa integrazione che dei licenziamenti in Lombardia, non significa automaticamente che la Regione abbia ripreso il suo ruolo trainante nel comparto siderurgico o delle nuove tecnologie, solo per fare degli esempi», dice Mirco Rota, segretario generale della Fiom Lombardia.

«È vero che i numeri si riducono, ma non si cancella il rischio di chiusura e licenziamento in molte situazioni che hanno in corso l’uso di ammortizzatori sociali, come ad esempio la Candy di Brugherio, la Linkra in Brianza e la delicata della situazione del settore delle telecomunicazioni informatiche che potrebbe peggiorare ulteriormente».

«Si tratta- dice Rota - di un trend stabile, di una riduzione a bassa intensità che fa vedere come settori importanti nel tessuto economico produttivo della regione stiano segnando il passo, di fatto mediante la perdita di competitività e posti di lavoro. Se a questo aggiungiamo il flop del programma Garanzia Giovani e dei nuovi contratti flessibili introdotti con il Jobs act, capiamo come ci siano pochi motivi per essere ottimisti allo stato attuale».

«Per tutti questi motivi - conclude Rota - chiediamo un’accelerazione sull’introduzione del reddito di cittadinanza come strumento per combattere la crisi, nonché piani di investimenti pubblici e privati, per risollevare l’economia di una delle Regioni locomotiva d’Europa, attanagliata da una crisi che si fa sentire soprattutto per le famiglie delle lavoratrici e dei lavoratori, o di quanti un lavoro l’hanno perso e non riescono a reimmettersi nei circuiti produttivi».

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