«Incrocio strabico»
tra scuola e mondo del lavoro

Tornare tra i banchi della vecchia Esperia e degli istituti professionali per invertire la tendenza negativa e portare sul mercato del lavoro giovani già pronti per essere operativi. L'appello è stato lanciato in seguito a uno studio effettuato dalla Cisl Bergamo.

Tornare tra i banchi della vecchia Esperia e degli istituti professionali per invertire la tendenza negativa e portare sul mercato del lavoro giovani già pronti per essere operativi.

L'appello è stato lanciato giovedì mattina nelle aule dell'Università di Bergamo in seguito a uno studio effettuato dalla Cisl Bergamo che ha preso in considerazione i dati relativi alla scolarizzazione dal 1983 a oggi. Il dato che più preoccupa analizzando la situazione in prospettiva lavoro è quello relativo alle iscrizioni agli istituti professionali-industriali quinquennali penalizzati dalla legge Gelmini: la percentuale di iscritti infatti è crollata fino all'1,8% dopo i picchi del 12,3% registrati nel 2001.

Non va meglio al commerciale
Le stesse tendenze negative arrivano dal settore commerciale che ha perso la metà degli iscritti. Tutto a beneficio di licei e istituti magistrali, che hanno visto gli iscritti salire in modo significativo, e a scapito delle aziende che non trovano più sul mercato determinate figure professionali.
«C'è l'urgente necessità di avviare un processo di governance tra i vari attori economico-sociali del territorio – ha osservato Vanni Stroppa della Cisl che ha curato la ricerca con Samuele Rota –. I dati della ricerca sono preoccupanti e le responsabilità vanno divise tra tutti: serve ricostruire quei ponti tra scuola e mondo del lavoro abbattuti nel corso degli ultimi anni».
Proprio su questo tema si è sviluppata la discussione con i protagonisti del territorio.

Uno su tutti l'Università: «Sentiamo di avere il dovere di farci promotori di questa ricostruzione – ha osservato il prorettore Piera Molinelli – e per questo negli ultimissimi anni stiamo potenziando in modo importante i servizi di orientamento, placement e tirocinio con cui cerchiamo di instaurare rapporti solidi con le aziende del territorio e indirizzare gli alunni verso il mondo del lavoro». Sempre in ambito scolastico qualcosa di concreto si sta muovendo: «Abbiamo avviato un tavolo un anno fa con tutte le istituzioni del territorio per permettere ai giovani di orientarsi al meglio sul lavoro avviando anche progetti sperimentali di formazione che contemplano una collaborazione stretta e costante tra scuola e aziende». ha spiegato Gisella Persico dell'Ufficio Scolastico Territoriale. I giovani sono coloro che devono invertire la rotta: «L'Italia ha intrapreso un percorso di crescita completamente sbagliato – ha osservato Marco Bellini di Confindustria -. Fino ad ora abbiamo investito tutto sulla formazione a lungo termine mentre è necessario che ci sia una grossa fetta di nuove leve che si preparano nelle scuole con l'obiettivo di entrare sul mercato del lavoro in modo rapido e facendosi trovare pronti». Tornare insomma a quel lavoro manuale che nel tempo ha perso dignità: un fattore culturale innanzitutto. «Sono lavori di grandissima dignità – ha osservato Stefano Maroni di Imprese & Territorio – e soprattutto fondamentali per l'economia e la società».

Competitività in gioco
A livello istituzionale è intervenuto l'assessore provinciale al Lavoro Enrico Zucchi: «Bisogna comprendere che c'è in gioco la competitività del nostro territorio che rimane tale solo se disponiamo di capitale umano qualificato. Questo si forma nelle scuole: le aziende devono entrare qui e avviare progetti con esse, istruendo gli alunni anche direttamente sul campo». Ferdinando Piccinini, segretario generale Cisl Bergamo e Vincenzo D'Acunzo, segretario Cisl-Scuola, hanno poi tirato le somme: «Occorre che gli enti e le aziende abbandonino le logiche di autoreferenzialità e investano a tutto campo sulle innovazioni, condividendo idee e risorse in tavoli multilaterali: deve stringersi un patto tra sistema formativo e sistema produttivo».

Federico Biffignandi

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