«Le serre non “mangiano” terreno»
Coldiretti: offrono qualità e lavoro

No alle serre sul banco degli imputati. Lo afferma Coldiretti Bergamo evidenziando che queste strutture svolgono una funzione importante e sono fondamentali per un settore strategico come quello della produzione di verdura IV gamma.

Nella Bergamasca questa attività fa riferimento a una cinquantina di aziende che producono oltre 43.000 tonnellate di verdura, interessa una superficie totale di 900 ettari, per una superficie media aziendale di circa 17 ettari, genera un fatturato che si aggira attorno ai 64 milioni di euro e occupa circa 800 persone solo per la parte agricola, senza contare l’indotto.

Negli ultimi tempi il comparto provinciale ha avuto un sensibile sviluppo, ma ha seguito una crescita organizzata e regolare in quanto realizzata in gran parte dalle stesse aziende che nel corso degli anni sono rimaste praticamente stabili in termini numerici.

«Questo è da considerarsi un aspetto positivo – spiega Alberto Brivio, presidente di Coldiretti Bergamo - in quanto in questo comparto un’azienda ben strutturata ha la possibilità e la necessità di effettuare maggiori investimenti per la salvaguardia ambientale e la sostenibilità delle produzioni, come ad esempio superfici drenanti affiancate alle superfici produttive, vasche di contenimento idraulico, corridoi ecologici e opere di mitigazione ambientale realizzate spesso in collaborazione con le amministrazioni locali».

«Alcuni anni fa – dice Roberto Belussi titolare dell’azienda agricola Tenuta i Laghetti con sede a Telgate e a Chiuduno - abbiamo deciso di dare una svolta ancora più sostenibile alla nostra attività, consapevoli dell’importanza di preservare l’ambiente e le risorse del nostro pianeta. Così abbiamo riconvertito il terreno che possediamo a Chiuduno e abbiamo ottenuto la certificazione bio due anni fa. Per quello di Telgate invece la certificazione è arrivata proprio in questi giorni».

Coldiretti Bergamo sottolinea che contrariamente alle tesi che qualcuno sta sostenendo, l’orticoltura in serra, in quanto attività agricola, utilizza e non consuma la risorsa suolo. Infatti, a differenza delle strutture utilizzate da altri settori produttivi o delle infrastrutture civili, i tunnel, essendo mobili, non causano cementificazione della superficie agricola e quando vengono dismessi lasciano il terreno prontamente fruibile dal punto di vista naturale, senza la necessità di alcuna bonifica.

Santo Bellina della Op La Maggiolina con sede a Martinengo ed esponente di punta della filiera della IV gamma si dice disponibile ad aprire le porte della propria azienda a chi demonizza questo tipo di coltivazione per mostrare l’enorme attenzione che viene posta, dal punto di vista della qualità del prodotto e del rispetto dell’ambiente, durante ogni processo produttivo. «La nostra – spiega - è un’azienda leader a livello nazionale nella produzione di “baby leaf” (le giovani foglie) che esportiamo in quasi tutta Europa rispettando parametri molto severi. Da anni i nostri 150 ettari di tunnel (distribuiti nella Bergamasca e nella zona tra Eboli e Battipaglia) sono coltivati con metodo biologico e abbiamo iniziato la riconversione già dal 2006. Intorno alla nostra proprietà abbiamo creato zone di ripopolamento ambientale, piantando siepi e filari di alberi. Le recinzioni che delimitano le nostre proprietà sono realizzate in modo tale da non essere un ostacolo per il passaggio degli animali che popolano l’ambiente che così resta inalterato».

«La IV gamma rappresenta un esempio della capacità degli agricoltori di innovare per andare incontro alle esigenze dei consumatori – conclude il presidente di Coldiretti Bergamo –; è un comparto che si è ritagliato un proprio posizionamento sui mercati, garantendo prodotti di qualità, offrendo al tempo stesso significative opportunità lavorative sia direttamente sia indirettamente con un indotto ben strutturato. Anche alla luce di tutto ciò, è opportuno sottolineare che si tratta di un’attività agricola al pari di altre e pertanto ha già leggi regionali di riferimento e quindi non necessità di nuovi vincoli e di un nuovo appesantimento burocratico. Ha invece bisogno di strumenti che la valorizzino e la sostengano anche oltre i confini nazionali in quanto rappresenta un’opportunità di sviluppo per l’intero territorio».

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