Legge Biagi: addio ai Co.Co.Co, ma il futuro è incerto

Sarebbero circa 25 mila, secondo le stime, i lavoratori bergamaschi con collaborazioni coordinate e continuative (in sigla i «Co.Co.Co.») destinate a scomparire da domani.

Secondo le previsioni della Legge Biagi, infatti, il 24 ottobre è il termine ultimo per l’adozione di questa forma di contratto, almeno nel settore privato, dato che i «Co.Co.Co.» sopravviveranno comunque nel comparto pubblico. Le alternative per i lavoratori sono diverse: la trasformazione in contratto a progetto (che deve prevedere però un termine determinato o determinabile, in funzione della realizzazione di un determinato programma di lavoro), in contratto di lavoro subordinato o anche in contratto di lavoro autonomo. Quest’ultima soluzione, nonostante i timori dei sindacati, sembra peraltro poco praticata. In base alle operazioni di attribuzione di partita Iva da parte dell’Agenzia delle entrate negli ultimi dodici mesi (ottobre 2003-settembre 2004) non c’è stato un boom nell’avvio di nuove iniziative, ma anzi un calo (2.682 contro le 2.756 di ottobre 2002-settembre 2003).

Dato che nella gestione separata dell’Inps non si fanno distinzioni tra Co.Co.Co. (anch’essi incerti nel numero, in mancanza di una rilevazione ad hoc), lavoratori a progetto, amministratori e altre forme d’iscrizione non è possibile sapere quanti siano già passati dalla collaborazione a un nuovo contratto. La sensazione degli operatori è comunque che sia il passaggio a lavoratore a progetto, piuttosto che l’assunzione a tempo indeterminato, la formula più adottata e che non tutti i rapporti da Co.Co.Co. (numerosi in particolare nella formazione, nell’informatica, nel commercio e nel terziario in genere) siano ancora stati messi in regola, in attesa di una proroga. Su questo anche ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, è stato categorico. «Nonostante siano molte le imprese che lo chiedono, non ci sarà nessuna proroga: questa novità è annunciata da un anno e chi non ha voluto mettersi in regola è perchè non ha voluto farlo - ha commentato il ministro -. Con la figura della collaborazione coordinata continuativa viene meno un simbolo della precarietà e della flessibilità estrema, sostituita con strumenti altrettanto flessibili e moderni, ma con maggiori tutele per i lavoratori».

L’intento della norma è infatti quello di «smascherare» rapporti dipendenti a tempo pieno o parziale, determinato o indeterminato celati dietro una «fittizia» collaborazione coordinata e continuativa, secondo la formula introdotta nel mercato del lavoro nel 1995.

Per questo motivo i nuovi contratti devono rispondere a una serie di requisiti sostanziali e formali: il contratto deve essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso ed essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

L’abolizione dei Co.Co.Co. non è sempre facile. vengono infatti segnalati alcuni problemi nell’identificare i progetti necessari per alcune figure attualmente inquadrate come Co.Co.Co. (ad esempio gli addetti alla contabilità).

(23/10/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA