Metalmeccanica lombarda in crisi
«Quasi 6mila lavoratori fermi per il virus»

Ad oggi sono quasi 6.000 i lavoratori metalmeccanici lombardi coinvolti da fermi della produzione e riduzione d’orario a causa del Coronavirus. La maggior parte, ovviamente, sono dipendenti di imprese della «zona rossa», ma sono fortemente interessante anche le aziende industriali di Bergamo, Milano e Cremona.

«Siamo molto preoccupati. Per fare un bilancio attendibile degli effetti sull’occupazione dell’industria manifatturiera lombarda dobbiamo attendere almeno un paio di mesi, ma i primi segnali sono allarmanti. Sicuramente la catena globale del valore, in cui le imprese italiane, e lombarde in particolare, sono ben inserite, subirà dei contraccolpi pesanti che avranno forti ripercussioni sulla tenuta delle nostre imprese. La Germania è legata all’economia cinese che, essendo in rallentamento, determinerà una frenata anche del Pil tedesco e, quindi, di conseguenza le imprese italiane, che esportano a Berlino componentistica, semilavorati e macchine utensili, rischieranno un nuovo contraccolpo. Inoltre, il blocco della provincia di Hubei, hub della componentistica mondiale, sta frenando la catena globale delle forniture, lasciando le industrie mondiali al palo e causando problemi anche al settore dell’ICT. Infine il fermo delle imprese cinesi si sta traducendo nel blocco delle attività cosiddette back end, ovvero le fasi finali della catena globale del lavoro dove si scaricano le produzioni occidentali per le fasi di assemblaggio. A ciò vanno aggiunti i ritardi e le difficoltà della logistica» ha dichiarato il segretario generale della Fim Lombardia, il sindacato dei metalmeccanici Cisl, che ha pubblicato il suo 48° Rapporto semestrale sulla crisi nel settore, relativo al secondo semestre 2019.

I possibili effetti negativi del Coronavirus sull’economia lombarda si inseriscono in un quadro tutt’altro che sereno: a fine 2019 erano 17.288 i lavoratori coinvolti cassa integrazione ordinaria, straordinaria e licenziamenti, in crescita del 79% rispetto allo stesso periodo del 2018. Aumentano anche le aziende coinvolte dalla crisi: 392, +4,5% rispetto al 1° semestre 2019. In generale si nota un forte rallentamento complessivo dell’attività economica che conferma il trend già registrato nel 1° semestre 2017, insieme alla difficoltà di molte imprese a riadattarsi al nuovo contesto economico produttivo e a riposizionarsi sul mercato e nella congiuntura economica.

«La frenata in atto nell’industria metalmeccanica lombarda è proseguita anche nel secondo semestre dell’anno - sottolinea Donegà -. Le ore di lavoro si sono ridotte e diverse imprese non sono riuscite a consolidare i precedenti segnali di ripresa, assestandosi su livelli di attività inferiori che non consentono quella crescita occupazionale di cui, invece, avremmo bisogno per riassorbire le troppe persone rimaste senza lavoro in questi ultimi anni».

«La nuova impennata del numero dei lavoratori coinvolti da ammortizzatori è un segnale preoccupante per la prospettiva industriale e occupazionale - aggiunge - anche considerando che in diverse situazioni si sta arrivando al termine della disponibilità degli ammortizzatori sociali conservativi. Prosegue il clima di incertezza che frena gli investimenti e riduce la capacità di ripresa».

L’incremento registrato riguarda in particolare la cassa integrazione ordinaria : +21,23% i lavoratori coinvolti a fine 2019. Il dato coincide con l’aumento della sfiducia degli imprenditori di fronte a una congiuntura negativa e a prospettive di recessione. Sfiducia che frena gli investimenti, determinando un circolo vizioso che fa arretrare occupazione e produzione.

La cassa integrazione straordinaria, dal punto di vista delle imprese coinvolte, fa registrare un sostanziale equilibrio rispetto al dato precedente (24 imprese contro le 25 della prima parte dell’anno) ma cala parecchio il numero di addetti coinvolti (-32,75%) che scendono dai 2.620 dello scorso semestre ai 1762 della seconda metà del 2019.

I territori maggiormente coinvolti nel semestre sono quelli di Milano (30,40%), Bergamo (15,76%), Lecco (12,75%) e Brianza (12,10%). Seguono Brescia, Varese, Como e Cremona.

«Queste aree vedono la sussistenza di insediamenti industriali importanti, sia nei comparti tradizionali che in quelli innovativi del settore metalmeccanico, con una presenza cospicua sia di grandi imprese di livello nazionale e internazionale, mentre le imprese medie-piccole sono storicamente radicate in tutti i territori».

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