Allarme Copasir
sulle fake news

Premessa importante: la notizia secondo la quale il Copasir, il Comitato che vigila sui servizi segreti, presieduto dal leghista Raffaele Volpi, lancia l’allarme delle «fakenews» (in italiano «bufale») sul Coronavirus non è una fakenews: l’abbiamo verificata. Del resto non c’era bisogno nemmeno del Copasir e dei servizi segreti, che hanno permesso con le loro indagini al componente dem Enrico Borghi di svolgere un’approfondita relazione. Nei giorni della quarantena, incollati ai social per caso o per necessità, abbiamo letto di tutto e il contrario di tutto sul Covid-19, dal video di due imbecilli su un miracoloso farmaco russo che non si poteva importare al vaccino nascosto da Big Pharma, da vari intrugli e pozioni magiche degni del druido di Asterix fino alle spettacolari trovate del principe delle fakenews da tempi non sospetti: Donald Trump. Il presidente Usa prima ha consigliato a tutto il mondo un siringone di disinfettante a scopi preventivi e poi ha annunciato di ingerire una pastiglia di idrossiclorochina al giorno per scacciare il virus di torno.

Le tragedie e le epidemie attirano i ciarlatani, tolgono la maschera a certi politici anche se questi a volte cercano di coprirsi con la mascherina, ne spingono altri a svelare il vero volto autoritario dietro il pretesto dell’emergenza, come Orban in Ungheria.

Le fakenews fanno parte di questo grande e macabro gioco, in cui si cerca persino di sovvertire gli equilibri geopolitici. Quella che l’Oms ha definito «infodemia», un’epidemia globale di notizie, ci ha confermato il lato oscuro di un’informazione non verificata e non controllata, appiattita, selvaggia e pericolosa e in fondo ha ribadito l’esigenza di un’informazione seria, autorevole e responsabile, unico modo per arrivare alla verità, o almeno per avvicinarsi ad essa il più possibile.

La relazione del Copasir non fa che ricordarci tutto questo: insieme al Covid viaggiavano notizie altrettanto virali nel cyberspazio, diffuse da siti esteri incontrollati e incontrollabili, piattaforme proliferate come funghi, finti profili e finti account da cui partivano a mitraglia notizie del tutto inventate e fuorvianti su vaccini, rimedi terapeutici e strumenti diagnostici del tutto inventati. E l’Italia è stato il «centro» di questa campagna nefasta e scriteriata. Un esempio è la notizia che gli Italiani cantavano dai balconi l’inno cinese per ringraziare dell’aiuto, diffusa ampiamente dai media di regime cinesi.

Un altro esempio è un video girato diffusamente su Whatsapp che sosteneva che esisterebbe già la cura del Covid, ma che un complotto del governo avrebbe censurato. Lo scopo sarebbe dunque quello di scollare l’Italia dall’Europa e dall’alleanza atlantica per inglobarla nell’orbita delle potenze emergenti: Cina e Russia.

Quel che non dice il Copasir è che l’effetto di questa campagna, di questo tsunami virale di fakenews non ha cambiato l’opinione di un solo italiano, anche se ne ha presumibilmente confusi moltissimi. È almeno dai tempi dei «cultural studies» di Stuart Hall e quindi dagli anni ’70 che si sa che nessuna campagna informativa, nessun messaggio a base di news o fakenews potrà mai produrre effetti o cambi di opinione inoculando messaggi – veri o falsi che siano - nella società di massa come un proiettile magico, come pretendevano le teorie propagandistiche a cavallo delle due guerre mondiali. Gli italiani non sono stupidi. L’effetto è solo quello di una grande fatica e di un grande smarrimento, questo sì. Ma non basta a cambiare scenario geopolitico.

Quanto all’Europa, per capire che era debole e che si è rivelata – almeno agli inizi di questa tragedia - del tutto inadeguata sotto quasi tutti i punti di vista, non c’era bisogno delle fakenews e dell’infodemia. Bastava il telegiornale delle venti.

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