Banca Etruria
Veleni e sospetti

La cosa che si vede a occhio nudo è che la vicenda di Banca Etruria e del coinvolgimento in essa di Maria Elena Boschi, vero o presunto che sia, sta complicando il ritorno di Matteo Renzi mettendo sul banco degli accusati il suo sistema di potere, quello che passa sotto il nome di «Giglio Magico». Il caso di cui si parla in verità ha dei contorni assai vaghi, almeno per ora. Per ora sappiamo solo che Ferruccio de Bortoli, in un libro di prossima uscita, ha scritto di aver saputo «da fonti di cui si fida» che l’allora ministro Boschi «avrebbe fatto pressioni» (anzi no, «si sarebbe interessata» come in una successiva versione dell’autore) sull’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni perché acquisisse la dissestata Banca Etruria ormai sull’orlo del commissariamento. Non c’è di più, nel libro di de Bortoli: né un dato di fatto, né un riscontro obiettivo, un pezzo di carta, niente. Solo indiscrezioni di «fonti vicino a Unicredit» di cui – assicura l’ex direttore del Corriere della Sera «c’è da fidarsi».

La prima reazione alla notizia è stata della stessa Boschi che ha annunciato – ma non ancora sporto – querele confermando quanto detto a suo tempo alla Camera e aggiungendo che «ormai la misura è colma». Di seguito «fonti di Unicredit» hanno sì confermato di aver valutato – e poi scartato – la possibilità di acquisire la banca aretina ma di non aver subito per questo alcuna pressione. Quanto a Ghizzoni, non ha parlato, con un silenzio che a molti ha suscitato più di un interrogativo.

Come si vede siamo al «si dice»: l’unica cosa certa è che quelli di Unicredit si interessarono all’Etruria ma non ne fecero niente nonostante – e questo è documentato – la Banca d’Italia, e segnatamente il servizio Vigilanza, in quel periodo facesse pressioni perché le quattro piccole banche in sofferenza potessero trovare un acquirente dalle spalle larghe in grado di farsi carico delle sue sofferenze.

E questa è la storia per sommi capi. Poiché non c’è un solo fatto verificabile sulle mosse di Maria Elena Boschi, si sta alla fiducia: c’è chi si fida di lei e chi si fida di de Bortoli. Chi prende per buone le smentite e chi invece è disposto a credere alle ricostruzioni di un giornalista che non ha mai fatto mistero della sua ostilità verso Renzi e il suo entourage espressa in un celebre editoriale e in decine di occasioni pubbliche. E tuttavia questa circostanza non può far dimenticare che de Bortoli non è un passante qualsiasi, ma uno dei più stimati e autorevoli giornalisti italiani, non un contafrottole. E contemporaneamente va registrato che nelle ultime ore proprio de Bortoli ha un po’ addolcito le sue affermazioni, cancellando – come detto – la parola «pressioni» e concedendo che «sarebbe normale» per un esponente politico «interessarsi alla sorte di una banca della sua zona elettorale», parole un po’ diverse da quelle usate in un primo momento e che hanno scatenato questo putiferio.

Il clima di sospetto che l’ultima puntata della telenovela Boschi-Banca Etruria in realtà è più pesante delle stesse circostanze evocate, perché già da solo può innescare una reazione a catena forse non controllabile e portare ad una crisi di governo. C’è chi ha notato per esempio che Renzi non si sia sbracciato a difendere la Boschi, e naturalmente su questo riserbo più d’uno ha cominciato a costruire qualche castello di carta. Vuoi vedere che Renzi intende utilizzare il caso per la sua tattica di avvicinamento alle elezioni anticipate, magari in ottobre? Sospetti su sospetti, insomma, che poi sono la materia di cui è fatta la politica italiana.

Naturalmente è sempre possibile che tutto si sgonfi in poco tempo come è già accaduto nell’inchiesta Consip che sembrava dovesse trascinare via il ministro Luca Lotti e papà Tiziano Renzi che invece sono ancora al loro posto mentre gli inquirenti che li hanno messi sotto indagine – il pm Woodcock, l’ufficiale dei carabinieri Scarpato - sono finiti sotto la lente disciplinare. Ma anche se lo scandalo si sgonfierà, i sospetti rimarranno e ci sarà sempre una nuova puntata su cui esercitare la dietrologia e il complottismo.

Va da sé che questa vicenda viene utilizzata dai Cinque Stelle che hanno modo di reagire alla polemica del Pd sulle inefficienze della giunta Raggi sopraffatta dal caos-rifiuti di Roma. Però è pur vero che le mozioni di censura alla Boschi (ma anche al ministro Padoan per altre vicende) sono state presentate dai grillini alla Camera, dove non hanno alcuna possibilità di essere accolte, e non al Senato dove invece potrebbero essere approvate aprendo di fatto la crisi di governo e della stessa legislatura. Che questa cautela sia legata alle trattative sulla legge elettorale?

All’ombra dei sospetti dunque ognuno fa il proprio gioco, il più innocente dei quali – alla fine – è quello di lanciare una golosa indiscrezione per fare un po’ di pubblicità al proprio libro.

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