Capolinea per Trenord
tra disagi e confusione

Scusate il ritardo. Questo e tanti altri. Dopo 7 anni di difficile matrimonio, preceduto pure da un anno e mezzo di fidanzamento, Fnm e Trenitalia sono pronte alla separazione. È la fine di Trenord, in sostanza è come se l’orologio tornasse indietro di 10 anni o giù di lì, e dal punto di vista del servizio non è che le cose in effetti siano granché diverse. Si dirà che il numero delle corse nel frattempo è aumentato e in alcune tratte è probabilmente vero, ma i tempi di percorrenza sono ancora (drammaticamente) quelli di prima: indegni.

Non a caso tra le proposte dei tavoli Ocse c’è quella di una significativa riduzione dei tempi di percorrenza da Bergamo a Milano, in sostanza immutati da mezzo secolo. Vero che un collegamento di natura semimetropolitana non ha nella velocità il suo punto di forza, ma inserire qualche corsa diretta è tra gli obiettivi possibili: per raccordarsi meglio con Milano e anche con l’Alta velocità. Nell’attesa dell’ufficializzazione del divorzio, la sola cosa certa è che il clima in Trenord è da «liberi tutti»: ritardi in serie, cancellazioni (anche preventive) a raffica, servizio in tilt ad ogni temporale degno di tal nome, livello generale del materiale rotabile pessimo e - dulcis in fundo - uno sciopero oggi dalle 9 alle 17 dopo l’ennesimo scontro tra azienda e sindacati. Il motivo? Le troppe assenze che porterebbero (secondo l’azienda) alla soppressione di una cinquantina di corse al giorno. L’ennesimo segnale di una situazione ormai fuori controllo.

Se addio sarà, a Fnm (di proprietà della Regione) torneranno i suoi 300 km di linee ferroviarie, a Rfi i restanti 1900 dove il servizio sarà appannaggio di Trenitalia. In sostanza tutte le linee bergamasche. Le regole del gioco saranno stabilite da un contratto di servizio, dove il Pirellone tornerà a giocare il ruolo che gli sarebbe proprio: quello del controllore. Ed è proprio in questo aspetto che va trovata una delle ragioni del fallimento di quello che sarebbe dovuto essere il federalismo ferroviario, l’impossibilità della Regione di giocare il duplice (e contemporaneo) ruolo di controllore e gestore del servizio, in tandem con le Ferrovie. Un’anomalia più volte messa in evidenza. Anche l’assetto societario paritario alla lunga si è dimostrato una palla al piede per le necessità di ammodernamento della rete e del materiale rotabile di quella che con i suoi quasi 750 mila viaggiatori al giorno resta la regione che più di tutte usa il treno. E lo userebbe ancora di più se il servizio fosse davvero all’altezza: lo conferma il + 31,5% di viaggiatori dal 2009 ad oggi, proprio l’arco di tempo che ha visto Trenord sui binari.

Ma se in una società alla pari è già molto difficile prendere decisioni se non totalmente condivise, è praticamente impossibile costringere ad investire chi non vuole farlo. Almeno in queste condizioni. Prova ne è il fatto che Trenitalia ha recentemente subordinato un investimento da 1,6 miliardi (ovvero 161 nuovi treni) all’acquisizione di un 1% di azioni Trenord in mano a Fnm, quota sufficiente a far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte. Richiesta che però il Pirellone non pare intenzionato ad accettare, preferendo tornare alla situazione originaria. Prospettiva che non pare dispiacere nemmeno a Trenitalia. Indietro tutta, quindi, con un paio di certezze: i 160 nuovi treni già acquistati dalla Regione - in arrivo nei prossimi anni - e quelli che Trenitalia dovrà garantire nel futuro contratto di servizio. Ma soprattutto un Pirellone con le mani potenzialmente più libere e quindi capace di fare finalmente il controllore (e tirare meglio la giacchetta a Rfi sul versante investimenti sulla rete, dolentissima nota) senza cadere più nella facile politica degli annunci a raffica che poi si scontrano con la realtà dei ritardi. Quelli sì, puntuali.

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