Criminalità: numeri alti
Non serve la retorica

Reati in calo, ma non troppo. Difficile fare salti di gioia rispetto ai numeri del 2015. Vero è che il calo è sensibile, ma in termini assoluti i numeri rimangono allarmanti: ci sono quasi tre furti al giorno in appartamento. E stiamo parlando solo della città di Bergamo.

Significa che i ladri in circolazione sono parecchi, e fanno pure gli straordinari. Pochi si chiedono il perché (la ricerca delle cause appassiona poco), in compenso molti cercano di correre ai ripari. Ne sanno qualcosa i gruppi di vigilanza più o meno spontanei sorti un po’ dappertutto negli ultimi mesi: non c’è giorno senza un avvistamento sospetto (e non c’è avvistamento sospetto senza puntuale, fragorosa, condivisione su Facebook, con conseguenze a volte più nefaste che virtuose, ma qui andremmo fuori tema).

Sull’argomento ieri tutti hanno speso parole. E la politica è in prima fila. Le opposizioni hanno chiesto a gran voce il Consiglio straordinario sul tema sicurezza; il vicesindaco ha ribadito di aver chiesto maggiori risorse e nel frattempo corre ai ripari con un servizio di vigilanza privato per le ore notturne; il presidente del Tribunale, proprio ieri, ha detto chiaro e tondo che con i numeri attualmente in organico non si possono più garantire i ritmi attuali (quindi meno udienze, quindi tempi più lunghi, e in definitiva una certezza della pena assicurata sempre più in differita); i parlamentari, tirati per la giacchetta, si sono affrettati a chiarire che hanno ben presente il problema e che si stanno già attivando. Vedremo.

Ci limitiamo a due considerazioni. La prima nasce dalle statistiche: nel 2015 in città i reati compiuti da cittadini stranieri sono aumentati del 5 per cento e rappresentano circa il 10 per cento dei delitti totali. Sono numeri che sarebbe interessante approfondire (di che tipo di reati si tratta? Quanti dei rei sono irregolari e quanti hanno il permesso di soggiorno?), ma che vanno affrontati senza invocare le campane a martello, che fanno tanto rumore ma servono a poco. Il grado di integrazione della popolazione straniera è una garanzia di normalizzazione del tasso di criminalità. La politica escludente, che non dà risposte praticabili alla clandestinità e non è nemmeno in grado di espellerli con efficacia, è la stessa che poi punta il dito contro l’immigrato che delinque.

La seconda riflessione è che in tutto il dibattito pubblico che si infiamma puntualmente sui temi della sicurezza, è molto raro sentire qualche parola spesa sul tema della pena. Carceri sovraffollate e uffici di esecuzione penale esterna intasati (sempre più in difficoltà nella gestione delle pene alternative) interessano poco, con qualche sonora eccezione, quando capita che in cella ci finisca qualcuno «che con il carcere non c’entra niente». Per tutti gli altri, e solo a Bergamo sono oltre 500 dietro le sbarre, il pensiero più diffuso è quello di chi invita a buttare via le chiavi. Senza considerare che chi passa dal carcere senza percorsi di reinserimento ha una probabilità di ripetere il reato pari al 90 per cento, chi invece viene sottoposto a pene alternative abbatte la probabilità sotto il 10 per cento.

Affrontare senza paraocchi ideologici le cause prime dei fenomeni criminali, evitando la politica degli steccati come quella del tutto va bene, è la strada alternativa (non sostitutiva) per uscire dalla retorica della repressione e del controllo

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