I 5 Stelle
con i Gilet gialli

Che davvero sia o no una ritorsione, comunque tutti l’hanno interpretata così: il «colpo basso» della Francia contro l’acquisizione da parte italiana dei cantieri navali ex Stx (ora Chantiers de l’Atlantique) è sembrata la ruvida risposta dell’Eliseo a Luigi Di Maio e al suo appoggio ai Gilets Jaunes che stanno infiammando Parigi e mettendo in difficoltà il presidente Macron. Se fosse davvero così, vorrebbe dire che l’Italia, dopo la tribolatissima trattativa con l’Europa per ottenere a caro prezzo il via libera alla manovra economica, ha fatto un passo non indifferente verso l’isolamento.

Per quanto ieri sera il presidente del Consiglio Conte spiegasse in televisione che i francesi hanno capito che Di Maio parlava come leader dei Cinque Stelle e non come vicepresidente del governo italiano, sta di fatto che le reazioni dei cugini sono apparse assai risentite tanto più quando è arrivata la notizia del ricorso franco-tedesco alla Commissione per bloccare l’affare di Fincantieri.

È tuttavia improbabile che circostanze di questo tipo frenino la nuova tattica pentastellata che va inserita sia nel contesto delle elezioni europee e del risultato che daranno nell’Unione, sia nell’ambito della «gara» tra M5S e Lega su chi conquisterà il posto di primo partito italiano. E da questo ultimo punto di vista molti osservatori hanno interpretato l’apertura di Di Maio al movimento anti-macroniano come un segno di difficoltà, come il tentativo per una volta di non inseguire Salvini, come un modo per dare agli elettori italiani l’idea di un movimento che è davvero alla testa della «rivoluzione europea», della rivolta del popolo contro le élites. Di sicuro hanno influito, nella mossa di Di Maio, anche i deludenti sondaggi che danno il suo movimento in lenta ma costante decrescita dal picco del 4 marzo (oltre sei punti in meno di dieci mesi e sei di governo) a favore di una Lega che invece ha raddoppiato i consensi. E dunque nell’Europa che si formerà, quella che dovrebbe ridimensionare le forze tradizionali – Ppe e Pse - a favore di populisti e sovranisti, i grillini italiani vogliono essere in primissima fila. E dunque se i Gilets Jaunes sono oggi sotto i riflettori internazionali e si battono contro un simbolo delle tecnocrazie come Macron, tanto vale unirsi a loro anche a costo di sottovalutare gli aspetti violenti del movimento, di incorrere nella gaffe diplomatica di appoggiare un movimento violentemente anti-governativo in un Paese amico ed alleato, e persino di dimenticare che solo un anno fa, nel novembre 2017, Di Maio si rivolse allo stesso Macron, il nemico degli «amici» di oggi, per marciare insieme verso una nuova Europa. Ma questo è solo l’ultimo dei giri di valzer dei pentastellati in Europa, come quando in pochi giorni passarono disinvoltamente dal tentativo di alleanza con i liberali ultraeuropeisti all’abbraccio con gli anti-europeisti dell’Ukip di Farage, peraltro un fidanzamento finito presto e burrascosamente. E adesso lo sguardo si posa su Veronique Rouille e Yvan Yonnet (i portavoce del movimento che saranno a Roma per un convegno di «anti-europei» e che Di Maio incontrerà) e su Jachne Moraud che già pensa di fondare un nuovo partito che si chiamerà Les Emergents.

Tutto ciò anche per contrapporsi alla rete che Salvini sta costruendo per rafforzare il fronte del sovranismo di destra che lo unisce a Marine Le Pen, all’ungherese Orban, all’austriaco Kurz e al polacco Kaczynsky che vedrà oggi a Varsavia.

Sono linee divergenti tra i due partiti che governano insieme l’Italia in nome di un contratto e non di un’alleanza e che sono in gara tra loro. Dovranno stare attenti, da qui a maggio, a non ridurre il governo a prima vittima della loro competizione elettorale.

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