Il debito nemico
dell’Italia che lavora

Chi tutela gli imprenditori, gli operatori economici, i lavoratori, gli artigiani, i cittadini che hanno rilanciato la crescita al 1,5% del Pil? L’Italia che si dà da fare e non si piange addosso è lì in quel 50% in più di sviluppo produttivo nel 2017. Le esportazioni sono superiori a quelle francesi al di fuori dell’Unione e si sono estese in misura rilevante sui mercati internazionali. Sono loro che tengono il Paese in Europa. E questo in un’Italia con un indice altissimo di imposizione fiscale, costi dell’energia più alti che altrove, una legislazione fatta apposta per rendere complicata l’attività imprenditoriale e soprattutto un’amministrazione pubblica elefantiaca e autoreferenziale. Per la prima volta da dieci anni a questa parte l’economia italiana cresce in modo strutturale e quindi rende possibili alla politica spazi di intervento finora negati dall’emergenza dei conti.

Qual è il primo problema italiano? Il debito. Lo dicono tutti, dal Fondo monetario internazionale, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea, ai singoli Stati che se richiesti del perché non aumentino i loro investimenti in terra italiana, rispondono sempre alla stessa maniera: troppa instabilità. Tutti tranne uno: la politica italiana. Ogni partito a domanda precisa ammette che il debito è una palla al piede ma poi quando deve proporre ricette tutto diventa evanescente.

L’argomento della sinistra sono le pensioni. Intenzione lodevole bloccare o ridurre l’età pensionabile soprattutto per la platea di voti che la proposta mobilita. Ma siamo sicuri di potercelo permettere visto il carico finanziario che grava sul bilancio dello Stato? Al Movimento 5 Stelle interessa l’assegno di cittadinanza. Altra bella iniziativa ma poi chi lo finanzia? Se vogliamo creare posti di lavoro con le magre risorse che ci ritroviamo bisogna scegliere. Il centrodestra anche lui si balocca con abolizioni di vario tipo dal bollo auto alla tassa sulla casa. C’è un filo conduttore che lega tutte queste promesse pre elettorali ed è il pensiero recondito di tutta la nazione: il tesoretto. Una parola tutta italiana che fa sognare e ogni tanto riemerge con tutto il carico fascinoso del colpo di fortuna, dello stellone che anche questa volta ci salva. Così il politico distribuisce benedicente e il cittadino tira un sospiro di sollievo. Non uno che alzi la mano e dica: ma cosa possiamo fare per rilanciare ancor di più la produzione e la ricerca? Siamo disposti tutti a rinunciare a qualcosa per dare un aiuto stabile e strutturale all’Italia e non solo ai singoli italiani attratti dal messaggio subliminale: si prenda ciò che si può, finché si può?

I politici nostrani preferiscono lasciare l’incombenza a chi è fuori dai confini. Mario Draghi è a Francoforte e rappresenta la Banca centrale europea. Vede la condizione italiana con occhio disincantato e fuori dalla polemica spicciola della politica per lui è chiaro che «questo è il momento giusto per migliorare la situazione a livello di bilancio, senza attendere che i miglioramenti scaturiscano con la crescita e i bassi tassi di interesse». Quando i tassi saliranno nel 2018 a seguire quanto dovrà lo Stato italiano pagare di più di interessi? E se la situazione politica sarà confusa, come è facile prevedere, cosa ne sarà della crescita in Italia senza un percorso certo di riduzione del debito? Debito e corruzione in testa, sono tutti made in Italy e sono i veri nemici dell’Italia che lavora. La sfida è affrontarli e non celarli. Dare ancora una volta la colpa agli altri non ci salverebbe. Il nuovo disordine in Europa non protegge i deboli.

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