Il prezzo e il valore
di un giornale

Da giovedì 1°agosto il prezzo de «L’Eco» in edicola passerà da un euro e trenta centesimi ad un euro e cinquanta centesimi. Si poteva cercare di addolcire la pillola con inutili giri di parole e far trovare la notizia alla quindicesima riga, ma la sostanza non sarebbe cambiata e - soprattutto - non saremmo stati schietti e sinceri con i nostri lettori. Che sono il «cuore» del nostro lavoro. Certo, per i nostri abbonati, fedeli amici che ci seguono da tempo, non cambierà assolutamente nulla, e nemmeno per quelli per cui l’aumento del quotidiano rappresenterà la spinta per accendere un abbonamento nuovo: il prezzo resterà invariato fino al 15 ottobre, senza contare che - entro quella data - sarà possibile rinnovare il proprio abbonamento (qualunque sia la scadenza, anche il 31 luglio del prossimo anno) per un anno, per tre anni e per cinque anni versando gli stessi soldi del 2018, risparmiando cioè il 40% sul costo in edicola.

A tutto ciò - che se ci pensate bene non è proprio uno sforzo da nulla - si aggiungerà anche la «Coppia dei Campioni», un concorso di 12 settimane che consentirà ai nostri lettori più fortunati (abbonati e non) di assistere gratuitamente (e in coppia, cioè accompagnati da un’altra persona) alle sei partite del primo turno dell’Atalanta in «Champions», trasferimenti compresi, sia per le partite in casa (a San Siro) sia per quelle all’estero. In palio, complessivamente, ci saranno dunque 90 biglietti (validi per due persone), 15 per ciascuna gara dei nerazzurri. Premi a cui si aggiungono cinque buoni spesa al giorno (per la durata del concorso) del valore di 200 euro, e una Suzuki Vitara in palio per l’estrazione finale.

Tutte buone ragioni per rinnovare l’abbonamento, per attivarne uno nuovo o per continuare a comprarci in edicola. Ma le ragioni del marketing (ovviamente più che legittime) non sono quelle - o comunque le sole - per le quali, con la stessa schiettezza di cui sopra, vi invitiamo caldamente a continuare a sostenerci nel nostro sforzo. Benché da diversi anni ormai il mondo dell’editoria (e quello dei quotidiani in particolare) sia sempre più in sofferenza, a «L’Eco» restiamo convinti che il ruolo e il valore della carta stampata sono imprescindibili anche oggi, in una società radicalmente trasformata dalla Rete. Che ai grandi meriti di aver «rimpicciolito» il mondo, accorciato le distanze, accelerato l’innovazione, favorito le democrazie agevolando la comunicazione tra governanti e governati, affianca tuttavia anche qualche demerito, primo tra tutti quello di aver «affrettato» la nostra (in)capacità di giudizio, portandoci ad esprimerne uno su tutti e su tutto, istintivamente, immediatamente, digitando compulsivamente sulla tastiera di uno smartphone, oggi lo strumento d’informazione «principe», quello su cui transita oltre il 60% delle informazioni che ingurgitiamo ogni giorno. Scordandoci, però, di due problemi fondamentali.

Il primo è che, senza accorgercene, ci sentiamo in grado di dare un’opinione incontrovertibile non solo senza aver verificato se quello che il «cellulare» (la Rete piuttosto che questa o quella piattaforma social) ci ha fatto sapere sia vero, ma senza nemmeno aver minimamente approfondito il problema, senza cioè essersi presi la briga di capire davvero i termini della questione. Internet ha «tagliato la strada», ma anziché favorire la consapevolezza dei problemi, ha agevolato l’istantaneità della reazione, demandandola al «cervello addominale» che alberga nelle nostre viscere, spesso più bravo ad esprimersi con l’insulto o la barbarie (di esempi , anche «autorevoli», ne abbiamo tutti i giorni), e, altrettanto spesso, in maniera anonima, nascondendosi dietro farlocchi nomi di fantasia. Di fronte alla complessità di studiare un problema per conoscerlo, le piattaforme digitali prediligono «il tutto e subito», basta che sia verosimile.

Il secondo aspetto da non sottovalutare è che l’informazione via Internet ci informa utilizzando sofisticati algoritmi che ci propongono solo quello che più ci piace leggere, e anche quando navighiamo nei siti dei quotidiani, finiamo con il cedere alla tentazione di cliccare solo quello che ci interessa. Leggere bene un quotidiano rappresenta un antidoto verso questo «effetto bolla» che l’informazione on line finisce inevitabilmente con il creare. Sfogliare le pagine di un giornale, soffermandosi anche su ciò che a prima vista non ci interessa o richiede uno sforzo di comprensione e di approfondimento cui non siamo abituati, non solo allarga la nostra cultura generale, ma ci aiuta a sviluppare il nostro senso critico. Senso critico e conoscenza sono da sempre due chiavi fondamentali per cogliere opportunità, evitare errori, vivere una vita migliore. Tutti i giorni.

I giornali, come i libri, sono cibo per la mente. Anche L’Eco? Sì, anche L’Eco. Per il lavoro dei suoi giornalisti, per la qualità che ogni giorno mettono nello scrivere gli editoriali in prima pagina o gli articoli delle tante sezioni che compongono il giornale, per la passione che mettono nel loro lavoro, per la capacità che hanno di riuscire a spiegare con parole semplici concetti complessi, aiutandoci tutti a capire meglio la nostra città e la nostra provincia. «L’Eco» non è l’eco delle notizie come molti anni fa insinuava malignamente una campagna pubblicitaria di un giornale concorrente, ma è lo specchio di una città e di una provincia, uno specchio che riflette la grande forza dei bergamaschi, ma anche le sue contraddizioni. Anche oggi, in un momento in cui forse c’è bisogno di trovare nuovi punti di riferimento capaci di ridarci prospettive e speranze per sostituire un mondo che sbiadisce ogni giorno di più, senza cedere a facili compromessi. Andate a pagina 18 e guardate cosa fa L’Eco per l’informazione bergamasca: non solo cronaca tradizionale, ma la scuola, l’ambiente, la cultura (con un settimanale che molti quotidiani nazionali c’invidiano), la comunità degli abbonati, il tempo libero, la bussola per chi fa impresa, il mondo nerazzurro dell’Atalanta e di Corner, le informazioni ai Comuni, la piattaforma per finanziare progetti di utilità sociale, le vostre «Case in festa», tutto il mondo web, e molto altro ancora.

L’ho già scritto in passato: facciamo un giornale per i nostri lettori, non per altri, senza «urlare» ma con buon senso e rispetto, dosando i diritti e i doveri di tutti, all’insegna di un’etica chiara e ben definita da quando siamo nati, il 1° Maggio del 1880, quasi 140 anni fa. Ci piacerebbe andare avanti così per molti e molti anni ancora. Una battaglia persa? Io credo di no, soprattutto se al nostro fianco continuerete ad esserci anche voi. E per questo vi diciamo «grazie» fin da ora.

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