Il sorpasso di Ryanair
Alitalia s’è scansata

Quando Ryanair scrisse «Arrivederci Alitalia» su uno dei suoi aeroplani, fece «scandalo». Suscitò reazioni stizzite. Come si permettono, questi qui, specie di barbari con le ali. Questi qui sono, anni dopo, la prima compagnia aerea in Italia. Peccato solo che non sia italiana. Trentasei milioni di passeggeri trasportati, dice l’ultimo rapporto Enac, contro i 21 di Alitalia e i 16 milioni di Easyjet. Il tutto in un mercato in cui Alitalia operava, fino a non tantissimi anni fa, in regime di assoluto monopolio. Fece sensazione, lo si ricorderà,il primo volo Milano-Roma operato da Air One, compagnia che poi Alitalia fece in modo di soffocare, acquistandola con l’obiettivo, ovviamente mancato, di farne la propria costola low cost.

Di low, finora, dalle parti di Alitalia si son viste solo le prestazioni. Perdite perenni, di rotte, di passeggeri. E di soldi (pubblici), soprattutto. Eppure il dato evidenziato anche da questo nuovo rapporto Enac una cosa la dice: che non è vero (oppure è un alibi) che l’alta velocità ferroviaria abbia ucciso Alitalia.

È piuttosto vera una cosa: che il treno veloce ha ucciso «solo» la rotta Roma-Milano-Roma (e in parte quelle per Napoli), sulla quale Alitalia ha coltivato le proprie monopolistiche fortune per decenni. Ma il resto? L’alta velocità arriva solo a Salerno, non ovunque. Al di sotto di Salerno, le ferrovie ricordano gli anni 70.

Abbiamo fatto una simulazione. In un giovedì di giugno, per andare in treno da Milano a Catania servono da un minimo di 12 ore e un cambio, a un massimo di 22 ore e due cambi. Con tempi così, è chiarissimo che un mercato per il trasporto aereo c’è, eccome. Bene: nello stesso giovedì di giugno, Alitalia propone da Milano a Catania otto voli diretti, tutti da Linate, perché da Malpensa Alitalia ti porta a Catania soltanto obbligandoti a un «comodo» scalo a Roma. Tra Malpensa e Bergamo, invece, le compagnie low cost propongono 12 voli: quattro Ryanair da Malpensa 1, tre Ryanair da Orio, cinque Easyjet da Malpensa 2. E due saranno i voli di Air Italy, quando cominceranno. Totale, a pieno regine: 14 voli contro gli 8 della compagnia di bandiera. Ecco perché Alitalia va male: perché s’è fatta mangiare il mercato. E attenzione, perché non è vero che la partita si è persa troppi anni fa. Basti guardare Volotea: la piccola spagnola s’è affacciata in Italia solo sei anni fa, e non ha fatto che crescere, poco per volta. Segno che il mercato c’è, e se mantenuto «in casa» avrebbe garantito ad Alitalia presente e futuro, dato che i voli interni offrono margini di guadagno più alti degli intercontinentali, che fanno tanto immagine, ma meno utile. Invece, piano piano, quell’«Arrivederci Alitalia» di Ryanair da annuncio s’è fatto realtà. Da Milano, l’Italia è una fortuna per le compagnie aeree: tolta ormai Roma (e in parte Napoli), ci sono nove rotte utili: Olbia, Cagliari, Palermo, Catania, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Bari, Brindisi e pure Pescara, che non è lontanissima ma non è servita da treni veloci. Un bengodi vero e proprio, nel quale Alitalia ha scelto il suicidio di spaparanzarsi a Fiumicino anziché mettersi a far soldi a Milano, infatti colonizzata dalle low cost, per la gioia, tra l’altro, di Orio al Serio.

E adesso? È tardi. Alitalia ha ormai una flotta inadeguata rispetto ai giganti dei cieli. E ha qualità di servizio, sia sul corto che sul lungo raggio, non competitivi rispetto a tariffe spesso esose (ed è un complimento) specie sui voli brevi. E soprattutto, quando i serbatoi si svuotano Alitalia continua a fare quel che ha sempre fatto: attaccarsi alla pompa pubblica, a colpi di finanziamenti, di capitani coraggiosi (coi soldi degli altri), di prestiti ponte e altre formule creative. Il conto dei miliardi sprecati s’è ormai perso. Il problema non è chi si comprerà il carrozzone. Il problema è che s’è fatto rubare il mestiere, e con esso il futuro.

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