Italia e Francia
Nemiche per la pelle

I contrasti tra il Presidente francese Macron e il nostro ministro dell’Interno Salvini per la gestione dei migranti – che paiono di recente attenuarsi – hanno visto la Francia da un lato schierarsi su posizioni protezionistiche e dall’altro indignarsi perché l’Italia si è avviata ad assumere le sue stesse posizioni. Come dire: duri a casa propria e «accoglienti» in casa degli altri. La contraddizione è talmente evidente da far pensare che Macron, sulle orme di Luigi XIV, di Napoleone Bonaparte e Charles De Gaulle, si sia fatto ancora una volta interprete della tradizionale «grandeur» francese.

Vale la pena ricordare, peraltro, che quella dei migranti è solo l’ultima delle tante occasioni in cui sono emersi contrasti tra francesi ed italiani. Andando indietro nel tempo, non si può non ricordare che Napoleone tra il 1796 e il 1814, durante la campagna militare francese, fece incetta delle opere più importanti delle collezioni italiane per arricchire il Museo del Louvre. Ancora, nel 1881, quando costituì il protettorato della Tunisia, la Francia fece man bassa dei diritti di circa 22 mila italiani. Negli anni seguenti Francesco Crispi – indignato verso i caricaturisti francesi che lo avevano ritratto nei panni del valletto che lucidava gli stivali di Bismarck – dichiarò alla Francia la guerra doganale. Come non ricordare, poi, i contrasti per Nizza e la Corsica e, soprattutto, la guerra dichiarata alla Francia il 1940. In quella occasione i francesi dissero, non senza ragione, di «essere stati aggrediti con un colpo di pugnale alla schiena».

Anche negli anni più recenti non sono mancati duri contrasti. Tra i più significativi, il caso Fincantieri, con la sua scalata a Stx, stoppata dai francesi con la nazionalizzazione della società. Dopo la ferma reazione del governo italiano si è addivenuti ad un accordo in base al quale all’Italia è stato riconosciuto il 51% dei cantieri di Saint Nazaire, di cui il 50% in controllo diretto e l’1% prestato dallo Stato francese con «diritto di ritorno». C’è poi la vicenda della francese Vivendi, che si è impegnata all’acquisto della Pay tv del Biscione, ma che, a contratto firmato, si è tirata indietro provocando la reazione di Mediaset e della sua controllata Fininvest, con la richiesta di danni per 3 miliardi di euro. E, ancora, la singolare vicenda della «Nutella», che ha visto l’ex ministro dell’Ecologia Segolène Royal invitare i francesi a non mangiare più la crema spalmabile dell’italiana Ferrero, perché la sua produzione comportava l’utilizzo di olio di palma e la conseguente deforestazione massiccia, che è alla base del riscaldamento climatico. Dopo la circostanziata replica dell’azienda, che si disse «impegnata a sostenere la creazione di filiere sostenibili» e la dura reazione del ministro Galletti, giunsero la scuse di Segolène Royal. Ma il colpo più basso assestatoci dalla Francia è certamente rappresentato dalla guerra promossa dall’allora presidente Nicolas Sarkozy contro la Libia di Muammar Gheddafi, che ebbe lo scopo ufficiale di rimuovere il dittatore, ma che era mossa anche dalla segreta intenzione del governo francese di soffiare all’Eni i permessi estrattivi dell’oro nero libico. L’esistenza di questo secondo fine è stata confermata dal contenuto di una e-mail scambiata tra Hillary Clinton, ex Segretario di Stato Usa, e Sarkozy, pubblicata a suo tempo da Wikileaks.

Può dirsi, insomma, come quella tra Francia e Italia sia una rivalità lunga due secoli fatta di imboscate e tradimenti. Ciononostante, non sono mancati momenti di grande sintonia. Piace ricordare, proprio in questa nostra fase storica così ad alta tensione, la sincera passione che ha legato a doppio filo De Gasperi e Schuman, non solo perché parlavano la stessa lingua (il tedesco), ma soprattutto perché avevano per i loro Paesi, che uscivano da due guerre mondiali, la stessa speranza: l’unione dell’Europa

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