La pena di morte
Monito del Papa

Con la decisione di ieri di Papa Francesco di spazzare via anche le possibili eccezioni alla pena di morte riscrivendo il numero 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica, l’Europa diventa l’unico continente che ha bandito totalmente la pena capitale. Mancava il Vaticano e Bergoglio ha posto fine alla questione. Ma non si tratta soltanto di un passo formale. Nel rescritto c’è una chiara indicazione di ordine morale e di ordine pastorale. Perché da ora in poi un fedele cattolico che parla a favore della pena di morte e la invoca come giusta si mette fuori dalla Chiesa mentre invece suo compito è contrastare su ogni piano il ricorso alla massima pena.

Il Catechismo della Chiesa cattolica è assolutamente chiaro su questo punto, perché stabilisce che la Chiesa «si impegna con determinazione per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo». Finora il Catechismo, che risale al pontificato di Karol Wojtyla, non era affatto categorico, poiché spiegava che «l’insegnamento tradizionale della Chiesa cattolica non esclude il ricorso alla pena di morte». È quel «non esclude» che lasciava un margine di dubbio e poneva il Vaticano tra gli Stati non del tutto abolizionisti. Bergoglio ha messo la parola fine ad ogni polemica e interpretazione facendo scrivere che «la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che la pena di morte è inammissibile perché attenta alla inviolabilità e dignità della persona». Le parole del Catechismo stridevano con quelle dei pontefici degli ultimi decenni. E Bergoglio lo aveva già messo in evidenza l’anno scorso in occasione dell’anniversario della promulgazione del Catechismo di Wojtyla quando aveva chiesto che fosse riformulato il paragrafo sulla pena di morte.

Ma è la richiesta di impegno ad ogni fedele contro pena capitale che aggiunge qualcosa in più alla mera punta del diritto, soprattutto nelle Chiese locali di quei Paesi (numerosi) dove ancora la legge l’ammette. È il caso per esempio degli Stati Uniti, dove i cattolici abolizionisti, sono stati giudicati non poche volte tiepidi americani, in un Paese dove il disinvolto uso delle armi per farsi giustizia da sé si accompagna ad un difficile dibattito sulla inutilità della pena di morte come strumento di contrasto dei reati.

Il passo di Bergoglio è decisivo in via preventiva, anche per molti altri Paesi dove sempre di più si invoca un ritorno alla pena di morte accanto ad un allentamento dei vincoli giuridici della cosiddetta legittima difesa. L’insegnamento della Chiesa adesso è chiarissimo e sbaraglia ogni eccezione circa il rancore e la vendetta. In pratica si dice che nessuna persona mai è persa anche se ha commesso i crimini più orrendi. Aldo Moro, pochi mesi prima di essere rapito e poi ucciso dalla Brigate Rosse che eseguirono la sentenza di pena di morte, in una delle sue ultime lezioni all’università, spiegò che «non vi è nel reato una ragione che giustifichi la pena di morte» e che anzi «l’assassinio legale è una vergogna inimmaginabile in un regime di democrazia sociale e politica».

È solo una coincidenza, ma Francesco straccia ogni ambiguità ed equivoco proprio a 40 anni dal delitto Moro e dagli sforzi per far riemergere dall’oblio l’ insegnamento del professore di Diritto e del fedele cattolico, che molto aveva detto sulla natura e la funzione della pena. L’aggettivo «inammissibile» del nuovo testo del Catechismo sulla pena di morte quasi fosse uno strumento di legittima difesa sociale rafforza la lezione del prof. Aldo Moro e soprattutto cambia la dottrina della Chiesa sul «non uccidere», togliendo ogni alibi ad un presunto possibile perimetro attribuito de iure o de facto al quinto comandamento.

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