La vita e il niente
c’è qualcosa di più forte

Il Ferragosto 2018 sarà certamente difficile da dimenticare. Nell’arco di cinque giorni abbiamo vissuto il dramma del viadotto crollato sulla Genova-Ventimiglia e poi la strage di escursionisti nelle meravigliose gole del torrente Raganello in Calabria. Due eventi che non hanno nessun legame tra loro se non il fatto che sono accaduti in luoghi o sulle strade della vacanza. Per ciascuno dei due fatti si possono ricavare delle specifiche morali. Sul viadotto Morandi se ne sono dette di ogni, ma si è capito che infrastrutture così importanti e anche audaci esigono una sorveglianza e una conseguente manutenzione ben più puntigliose di quelle attuate. Sulla strage nel torrente calabrese abbiamo capito che la saggezza contadina (si raccomandava di andare nelle gole solo dopo tre giorni filati di bel tempo) è più affidabile delle sofisticatissime previsioni del tempo che compulsiamo ogni istante.

Detto questo, cercate ragioni che comunque non potranno mai restituirci il ricordo di un Ferragosto normale, resta quel grande mistero che è al cuore della vita di ognuno di noi: il fatto che la vita possa scappare anche in momenti in cui ci sembra di esserne in completo dominio. Anche in momenti, come quelli che stavano sperimentando gli escursionisti nelle gole del Raganello, in cui la vita si spalanca in tutta la sua bellezza e fascino. C’è un’immagine che resterà certamente nella memoria di tutti, legata ad un Ferragosto che comunque sarà difficile dimenticare. È quella del camion verde di una catena di supermercati fermo sul ciglio del baratro, a pochi metri dal punto in cui il ponte Morandi si è spezzato. Il suo autista ha visto le vite di chi lo sorpassava finire inghiottite dal vuoto che si era spalancato improvvisamente di fronte a loro. In quei pochi centimetri che aveva davanti passava fisicamente il confine tra la vita e la morte. Centimetri che possono essere tradotti anche in frammenti di secondi. Un niente, insomma, da cui però dipende una cosa enorme e irripetibile come la vita.

Il Ferragosto 2018 ci lascia nel cuore questo senso di drammatica sproporzione, tra il tutto che è la vita e il niente che può portarcela via. Il grido di quell’uomo a cui è capitato di filmare in diretta dal basso il crollo del ponte esprime tutto lo sgomento di fronte non solo al disastro che stava documentando ma anche a tutte quelle esistenze che in quell’attimo arrivavano al capolinea travolte dagli enormi massi di cemento. È un grido elementare, «Oh Dio, oh Dio santo»; un grido istintivo. Ma il solo grido che è in grado di reggere all’urto di un dramma come quello e all’urto di tutti drammi che ogni istante segnano la storia del mondo. Le due tragedie del Ferragosto 2018 ci insegnano che la vita non è cosa che possiamo pretendere di possedere e di gestire. Ma ci insegnano anche che oggi la vita ha tanti amici su cui poter contare. Nel caso specifico sono tutte quelle persone che ancora una volta hanno dato uno straordinario spettacolo di dedizione, di coraggio e anche di preparazione. Quelli che hanno scavato tra i blocchi apocalittici ai piedi del viadotto; quelli che con 22 ore di lavoro ininterrotto sono riusciti a strappare alla furia del fiume impazzito almeno un’altra decine di persone. Abbiamo assistito a questo spettacolo di generosità e anche di capacità, quasi con meraviglia, quasi stupendoci che all’interno del nostro tessuto sociale si possa contare su anticorpi sempre così pronti a intervenire. Se la vita come abbiamo visto può essere strappata via da un niente, può anche essere salvata e preservata dalla pazienza e perseveranza di chi veglia sulle vite di tutti. L’istinto buono che ha mosso quegli uomini, che li ha portati a rischiare anche la loro vita per salvarne altre ci dice che c’è qualcosa di più forte del niente, ed è questa positività che alla fine vince e che sta al fondo del nostro cuore. Solo che tante volte non abbiamo la libertà e la semplicità di riconoscerlo.

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