Lo stallo sbloccato
I debiti da pagare

Silvio Berlusconi ha sbloccato, almeno per il momento, la trattativa per la nascita del governo che sembrava definitivamente chiusa. Proprio mentre il Quirinale stava per comunicare il nome della personalità da incaricare per la formazione del governo «neutrale», Lega e Movimento Cinque Stelle hanno ripreso a parlarsi affrontando di nuovo la questione del rapporto con Forza Italia. Tante dichiarazioni pubbliche distensive («Mai posto veti su Berlusconi» giurava Di Maio) e soprattutto pressing sul Cavaliere. Che alla fine ha deciso: Forza Italia non voterà la fiducia ad un governo Lega-M5S, ma valuterà caso per caso i provvedimenti.

Sarà, come è stata definita, una «astensione benevola» che consentirà la nascita di un esecutivo, senza che questo significhi la rottura dell’alleanza di centrodestra. Un po’ come quando Berlusconi appoggiava i governi Monti e Letta varati dal Quirinale due legislature fa e la Lega rimaneva all’opposizione: all’epoca questo non causò la separazione tra i due tradizionali alleati che tali rimasero nelle tante amministrazioni locali e regionali che governano insieme.

La stessa cosa dovrebbe succedere adesso. Berlusconi naturalmente ha voluto mettere del sale sulla torta: ha detto che con questo atteggiamento, Forza Italia non fornirà «alibi» a nessuno qualora due forze così diverse e distanti come la Lega e il Movimento Cinque Stelle dovessero constatare l’impossibilità di andare d’accordo e di governare insieme. Inoltre il Cav. ha ricordato che lui avrebbe preferito un governo di centrodestra che però è stato bocciato sul Colle per mancanza di voti sicuri in Parlamento. Detto questo, ha acceso la luce verde.

Adesso - probabilmente è accaduto nella notte appena trascorsa - si tratta di vedere se Salvini e Di Maio riusciranno a trovare un accordo anche sulla presidenza del Consiglio, sui nomi dei ministri e sui programmi. A Palazzo Chigi, stando ai rumors, col passo indietro di Salvini e di Di Maio dovrebbe andare una personalità «terza» gradita ad entrambi, forse un tecnico, o un tecnico-politico, chissà. Certo anche il Quirinale vorrà dire la sua sul nome del premier e su quello dei ministri, soprattutto delle caselle chiave (Economia, Esteri, Difesa, Interni) per un governo che nascerà (se nascerà) all’insegna del sospetto internazionale.

Se davvero si arriverà a stringere un accordo definitivo, è probabile che lo debba anche all’annuncio del capo dello Stato di voler dar vita ad un governo neutrale avvertendo che, se non avesse avuto la maggioranza, avrebbe portato alle urne al più presto, anche in luglio, circostanza irrituale e rischiosa che Mattarella non ha escluso addebitandone tuttavia la responsabilità a partiti incapaci di accordarsi. Guarda caso, le trattative tra Lega e M5S sono riprese proprio un attimo prima che Mattarella si muovesse, e quando hanno chiesto tempo per trovare l’accordo, il Quirinale l’ha subito concesso.

Questo vuol dire due cose: la prima che Salvini e Di Maio non hanno mai smesso di parlarsi, e la seconda è che neanche il Quirinale ha mai smesso di sperare che alla fine un governo politico potesse nascere e che si scongiurasse il rischio di sciogliere le Camere a due mesi dalle elezioni politiche, un unicum nella storia della Repubblica.

Sapremo solo oggi in realtà se tutte le pedine potranno andare al loro posto ma non c’è dubbio che Berlusconi ha fatto la mossa decisiva, e di questo in qualche modo tutti gli saranno grati e debitori (nel significato che queste parole hanno in politica).

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