Orio, grandi cieli
e sfide da giocare

Volare alto? Si può. Anzi, si deve. Il matrimonio ad alta quota che attende Sea e Sacbo è tanto affascinante quanto ricco di incognite. Non tutte necessariamente negative. Partiamo dai dati di fatto illustrati dal rettore Stefano Paleari agli azionisti delle due società. o meglio dal dato principale: il cielo è molto grande, e non è che tiri proprio una buonissima aria. Il mercato dei vettori vede da un lato compagnie aggressive come Ryanair (e con più charme, EasyJet) che, volente o nolente, hanno cambiato il modo di volare di un continente intero.

Dall’altro, compagnie cosiddette tradizionali che sull’onda del cambiamento di questi anni si sono riorganizzate, sia strizzando l’occhio al mercato low cost con brand specifici che cercando aggregazioni con pari grado. In mezzo, tra l’incudine e il martello, un sistema aeroportuale che, soprattutto nell’Italia dei 1.000 campanili, è troppo debole e frammentario. E qui non c’entra tanto il numero di aeroporti (non superiore comunque a quello francese, per fare un esempio), quanto di società di gestione, riflesso di un’impostazione tutta nostrana che – troppo spesso – ha dato vita a società come replicanti per piazzare il politico (generalmente trombato) di turno o l’amico dell’amico. Per farla breve, se in Francia Aeroport de Paris ha le mani su una ventina di scali e se la tedesca Fraport ha appena fatto il pieno a prezzi di saldo in Grecia, nel Belpaese la società presente in più scali rilevanti è proprio Sea: controlla Linate e Malpensa e ha un terzo di Orio. In sostanza c’è su 3 dei primi 4 aeroporti italiani, Fiumicino escluso.

In questo senso, il percorso newco-fusione-quotazione in Borsa indicato da Paleari è l’inizio di un viaggio che potrebbe portare Orio in un disegno ben più ampio del sistema milanese. Perché la newco sembra fatta apposta per andare a caccia di altri scali: essere cioè il primo (fondamentale) step per quel sistema aeroportuale del Nord, bramato da sempre. E un primo banco di prova è a pochi chilometri ad Est, a Montichiari, dove Verona si ritrova con una concessione quanto mai sub judice, attesa ad un pronunciamento europeo che a) arriverà tra almeno un anno e mezzo e b) quasi sicuramente indicherà la gara come procedura necessaria. Ed è qui che la nuova realtà Milano-Bergamo potrebbe misurare le proprie forze, magari cercando nel frattempo di ripianare i dissidi con quel fronte veneto guidato dalla veneziana Save, un attimo in ambasce dopo il fallimento della trattativa con Sacbo su Montichiari e la decisione del Consiglio di Stato di passare la patata bollente della concessione dello scalo bresciano – affidata a Verona senza gara – all’Europa.

Il cielo è grande, appunto, ben più della prospettiva di sistema antiromano che emerge da una prima lettura dei numeri e dalla somma di merci e passeggeri di Orio, Linate e Malpensa, contrapposta a Fiumicino e Ciampino: l’orizzonte è quello europeo, sia in un’ottica di sviluppo che di difesa. Perché i player sono sempre più agguerriti e dotati di capitali ingenti: pensare di giocare chiusi nell’area di rigore non paga. Anche se ti chiami Orio al Serio e sei il terzo scalo del Paese.

Ma sia ben chiaro, è una partita, non una resa senza condizioni: il sistema bergamasco ha numeri e know-how per dire la sua in un progetto che contempli la necessaria autonomia gestionale dei singoli aeroporti. E in tal senso, anche la scelta di uno strumento economico come la newco, vista però come passaggio propedeutico ad una vera integrazione operativa fa capire che qui non c’è nessuno da conquistare, ma qualcosa di nuovo da costruire. E non è solo un’operazione finanziaria, ma qualcosa di molto più complesso. Non sarà semplice ma vale la pena provarci: del resto, chi vola basso questa volta forse rischia di più.

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