Rai, resa dei conti
tra Silvio e Salvini

Sulla Rai si sta consumando la crisi dell’alleanza di centrodestra, da tempo in atto ma ora esplosa su una delle questioni più spinose della Seconda Repubblica: il potere sulla televisione pubblica. Forse ci sarà nelle prossime ore una ricomposizione tra Lega e Forza Italia ma al momento i toni prevalenti sono quelli della polemica. Riassumiamo i fatti. Forza Italia, al pari del Pd e di Leu, si è rifiutata di ratificare in commissione di vigilanza la nomina a presidente della Rai di Marcello Foa, giornalista di simpatie leghiste, sovraniste e no-euro indicato da Matteo Salvini nell’ambito di un accordo di maggioranza che attribuiva ai 5S la scelta dell’amministratore delegato (Fabrizio Salini).

Forse sarà stato un problema di tatto oltre che di sostanza, ma sta di fatto che Salvini ha fatto conoscere la sua decisione a Berlusconi qualche ora prima di annunciarla pubblicamente: non solo il Cavaliere non ne sapeva niente ma nessuno aveva chiesto il suo parere, pur avendo Forza Italia i voti determinanti per raggiungere i due terzi della Commissione che la legge prescrive a garanzia del fatto che a presiedere l’azienda pubblica sia chiamato una personalità gradita a un largo arco di forze politiche. 5S e Lega non hanno i voti sufficienti, nemmeno con il soccorso dei Fratelli d’Italia: giocoforza dunque sarebbe stato per Salvini aprire una trattativa con Berlusconi, non solo perché determinante ma anche in nome della alleanza politica tra Forza Italia e Lega. E invece niente. Forse Salvini pensava che Berlusconi si sarebbe rassegnato a seguire la scelta dell’alleato, invece non è stato così. Il Cavaliere è rimasto irremovibile nonostante le pressioni di Salvini che ha anche abbandonato la spiaggia di Milano Marittima per andare a trovare di persona il fondatore del Centrodestra. Il tentativo è andato male e il ministro dell’Interno ha reagito a modo suo, con la massima durezza possibile: accusando Forza Italia di allearsi con il Pd per opporsi al cambiamento.

Come dicevamo, si tratta di capire se questa rottura si consumerà fino in fondo o se invece ci sarà un recupero all’ultimo momento. Sarebbe curioso che per il nome di Foa e per la carica di presidente della Rai (poco più che onorifica) si mettessero a rischio giunte regionali e tante amministrazioni comunali dove berlusconiani e salviniani governano insieme da tanti anni. Ma è un braccio di ferro, qualcuno deve vincere e qualcun altro perdere. E ora ci sono due strade alternative che si possono seguire.

La prima è che Foa venga fatto dimettere anche da consigliere (c’è il precedente di un presidente bocciato dalla Vigilanza e subito dopo uscito dalla Rai) e che si ricominci su un nome concordato anche con Berlusconi oltre che con i grillini (e a questo punto anche con la Meloni). Sarebbe la scelta di pace che implicherebbe però un passo indietro di Salvini, assai poco propenso a gesti di umiltà. La seconda strada è che si vada allo scontro e si mantenga Foa al suo posto non come presidente ma come consigliere anziano della Rai (lo è anagraficamente) che come tale presiede il consiglio di amministrazione dell’azienda in assenza appunto di un presidente legittimato. Sarebbe un inedito assoluto non soltanto a viale Mazzini ma in tutte le aziende pubbliche il cui azionista sia il Tesoro, e oltretutto darebbe un segno di precarietà alla nuova gestione della televisione pubblica che si vuole «di cambiamento». Va da sé che scatterebbero i ricorsi delle opposizioni al Tar e alla Corte dei Conti ed è certo che verrebbero vinti. Però a quel punto tra Salvini e Berlusconi si sarebbe scavato un fossato incolmabile.

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