Se anche il Governo
scivola sulle bufale

La notizia era imperdibile per chi è schierato contro i migranti a prescindere. L’ha rilanciata un quotidiano veneto sia nell’edizione cartacea che in quella web. Un gruppo di richiedenti asilo ospitato in un centro d’accoglienza a Vicenza avrebbe chiesto, durante un sit-in alla Questura cittadina, di avere accesso ai canali Sky. Subito è montata la polemica su Facebook: li ospitiamo a spese nostre e osano chiedere anche questo privilegio? L’indignazione ruotava intorno a questa domanda retorica, che è stata intercettata e rilanciata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, molto attivo e reattivo sui social, che l’ha commentata con le solite parole spicce, per poi concludere: «Chi scappa dalla guerra non ha bisogno di Sky».

Chissà perché poi. Ma sappiamo che ci sono categorie di persone condannate, per la loro stessa condizione di marginalità, a una sorta di «damnatio memoriae». Come i detenuti, che se la spasserebbero perché in carcere «hanno anche la tv». Bisognerebbe trascorrere un solo mese dietro le sbarre per comprendere cosa significa la privazione della libertà e quanto poco la tv lenisca quella condizione. Ma tant’è. La notizia diffusa dal Veneto in tutta Italia però non ha trovato riscontro né dalla Questura (istituzione dipendente dal ministero retto da Salvini) né dalla Prefettura vicentina. «Le uniche richieste a noi riportate dagli operatori del centro d’accoglienza sono relative all’iscrizione anagrafica, ma si è parlato anche di alcuni aspetti legati al cibo della mensa», fa sapere il vice capo di gabinetto Riccardo Stabile. Certo in questo caso c’è anche una grave responsabilità dei giornalisti, che non hanno verificato la veridicità del fatto (la richiesta di Sky da parte dei richiedenti asilo).

Ognuno di noi poi fa esperienza del meccanismo psicologico generato dai social: quando siamo colpiti da una notizia che conferma i nostri giudizi (spesso basta il titolo, nemmeno la lettura del testo) istintivamente siamo portati a condividerla o a commentarla. Bisognerebbe contare fino a dieci secondi, chiedersi se non si tratta di una «fake news» e poi eventualmente assecondarne il contenuto, ma con quella distanza critica che permette di non scivolare su false realtà. Un atteggiamento di prudenza che dovrebbe assumere tanto più chi ricopre ruoli istituzionali. Salvini non è il primo ministro che condivide una notizia non vera, è capitato anche ad altri suoi colleghi. Nei giorni in cui si stava lavorando per formare una maggioranza e quindi un governo, l’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli (5 Stelle) fece circolare su Facebook una pagina tratta da un (cattivo) testo scolastico secondo il quale «il presidente della Repubblica ha un ristretto margine di discrezionalità nella scelta del presidente del Consiglio (mentre non ne ha alcuno nella scelta dei ministri, formalmente demandata al presidente del Consiglio)». Sappiamo che la Costituzione invece dice ben altro.

Può capitare di cadere in errori involontari? Certo, ma le notizie (false o vere) andrebbero trattate con riguardo, non come accendini per alimentare fuochi già pericolosamente accesi. Nel linguaggio questo governo del resto ha dimostrato di saper essere cauto quando vuole, quando ci sono snodi che richiedono decisioni importanti. Il ministro della Salute Giulia Grillo (5 Stelle) ha inventato l’obbligo flessibile (un ossimoro) per le vaccinazioni, mentre il vicepremier, ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio a proposito dell’Iva, durante la trasmissione de La7 «In Onda», ha detto che il «nostro obiettivo è ritoccarla per non farla aumentare». Nei prossimi mesi capiremo come verrà applicato questo prestigio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA