Troppe divisioni
Pronto il piano B

La trattativa per la formazione del nuovo governo è in stallo come ieri e l’altroieri eppure oggi si può dire che la situazione si è ancor più complicata. Soprattutto da quando è cominciato il tambureggiamento internazionale verso un ipotetico governo verde-giallo: ha cominciato il Financial Times a sparare alzo zero («i barbari sono arrivati dentro le mura di Roma»), hanno continuato gli alti esponenti della Commissione europea, puntigliosi nel ricordare gli impegni sottoscritti e i conseguenti obblighi dell’Italia verso i partner. Ma queste pressioni mettono in luce – al di là delle sdegnate dichiarazioni da parata – la diversità di posizioni in materia di Europa tra M5S e Lega.

I primi fanno di tutto per rassicurare sulla loro compatibilità con i vincoli comunitari, i secondi invece si sbracciano per annunciare la loro voglia di usare l’ariete per abbattere i trattati. Ma non è il solo terreno su cui grillini e leghisti non riescono a incontrarsi: basti pensare alla flat tax che l’economista grillino Fioramonti, candidato ministro dello Sviluppo economico, considera difficilmente realizzabile mentre di fronte alla richiesta di «mano libera» sull’immigrazione avanzata dalla Lega il M5S mette le mani avanti, pianta paletti e condizioni. Per non parlare delle alleanze extra-Ue: Di Maio si propone come un campione di atlantismo, Salvini non smette di considerarsi il miglior amico di Putin in Italia.

Insomma, le differenze ci sono, e si sono acuite. O meglio, è soprattutto Salvini che negli ultimi due giorni non perde occasione per drammatizzare la situazione, lanciare avvertimenti e ultimatum: o si parte subito e bene, o non mi conviene rischiare ed è meglio votare. E non è nemmeno un caso che dal centrodestra siano aumentate le pressioni sull’alleato perché ci ripensi: lo dice Giorgia Meloni e soprattutto lo ripetono tutti gli esponenti di Forza Italia, ora rinvigoriti dalla riabilitazione di Berlusconi e dalla speranza di potersi riprendere il primato nella coalizione. Salvini di sicuro con loro non vuole rompere: lo ha ripetuto più volte, soprattutto da quando le cose si sono ingarbugliate con Di Maio e, probabilmente, con Mattarella.

Senza contare che la questione delle questioni è ancora tutta aperta. Chi dovrebbe essere il presidente del Consiglio? Bruciati i professori Sapelli e Conte dai veti reciproci, Di Maio ancora spera di riuscire a sedersi nella stanza principale di Palazzo Chigi, e questo non fa che aumentare le diffidenze e i nervosismi di Salvini che non vuol certo fare la figura dell’alleato-gregario. I leghisti fanno sapere che se l’accordo non si trova, non saranno convocati neanche i gazebo per sentire l’opinione di elettori e militanti.Se tutto precipita, scatta l’opzione «governo neutrale» del Quirinale che ci porterebbe al voto dopo la prossima legge di Stabilità. Nei corridoi di Montecitorio si dice che sia già stata allertata l’alta personalità istituzionale che sarebbe incaricata da Mattarella di presiederlo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA