Un Paese in crescita
Occasione da sfruttare

Saprà il governo che verrà dopo il 4 marzo fare tesoro della ripresa economica? È quello che si chiedono un po’ tutti, non solo il presidente della Repubblica Mattarella, compresi gli osservatori internazionali. È un vento prezioso quello che spira sulla nave Italia e sarebbe un peccato che un eventuale caos istituzionale o politico costringesse ad ammainare le vele. Anche gli ultimi dati Istat sono confortanti. Nel 2017 il prodotto interno lordo ha registrato un aumento dell’1,5 per cento, il rialzo massimo da 7 anni (nel 2010 fu dell’1,7 per cento). Rispetto al 2016 l’accelerazione è netta (quasi il doppio). Il dato è in linea con le indicazioni del governo, che nel Documento di programmazione economica e finanziaria ha previsto un rialzo dell’1,5 per cento.

È migliorato anche il rapporto debito-Pil, pari al 131,5 per cento, in calo rispetto al 132,0 per cento del 2016. L’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi) è ancora una volta positivo salendo all’1,9 per cento dall’1,5 per cento del 2016. È scesa perfino la pressione fiscale, anche se di pochissimo: è al 42,4 per cento del Pil, in calo rispetto al 42,7 dell’anno precedente.

Dati incoraggianti, come sottolinea ovviamente lo stesso premier Gentiloni, anche se ancora non percepiti dal Paese. Eppur si muove. Lo dimostrano anche i segnali positivi che giungono dal mondo dell’artigianato e della piccola impresa, che come è noto rappresentano l’anima dell’economia italiana. Se in Italia, come è noto, le piccole e medie imprese sono in salute, tutta l’economia è in salute. A gennaio l’occupazione in questi due comparti economici ha ripreso a crescere registrando un incremento mensile dell’1,7 per cento e un 3,5 per cento su anno, ritmo più che doppio rispetto all’aumento del Prodotto interno lordo su base annua (che come abbiamo detto è dell’1,5 per cento). Lo rileva l’Osservatorio Lavoro della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, che da dicembre 2014 analizza mensilmente l’andamento dell’occupazione in un campione di circa 20 mila imprese associate con quasi 133 mila dipendenti. Ma la bella notizia dentro la bella notizia è che tale risultato si deve soprattutto ai contratti a tempo indeterminato, che registrano un significativo più 80,1 per cento su gennaio 2017. Evidentemente è il sintomo di una crescita economica robusta e prolungata nel tempo.

Merito del boom di assunzioni: nel primo mese del 2018, i nuovi posti di lavoro nelle imprese artigianali, micro e piccole sono aumentati del 56,4 per cento su gennaio 2017, quando erano cresciuti «solo» dell’8,2%. L’ampliamento dell’occupazione è stato trainato principalmente dai nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. Una tipologia che rimane la preferita dalle piccole imprese (67,4 per cento dell’occupazione totale) seguita a lunga distanza dai contratti a tempo determinato (20,7 per cento).

È evidente che a rendere possibile tale situazione, da un verso è la maggiore fiducia degli imprenditori, stimolata dal quadro economico stabilmente favorevole (tutta la manifattura è in ascesa) e dall’altro le modifiche legislative introdotte dalla Legge di Bilancio 2018 in materia di decontribuzione sui nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato per i giovani fino a 35 anni.

Inoltre le piccole e medie imprese industriali in questi anni si sono riorganizzate, ottenendo risultati importanti: nell’anno 2016-17, l’Italia ha segnato il 3 per cento in più nella produzione industriale, più 8 per cento nell’export, +11 per cento negli investimenti in beni ad altissima tecnologia.

E ora su tutto questo pende la spada di Damocle di un blocco del sistema politico.

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