Una vita in scena
Ora cala il sipario

La sentenza della decima sezione penale del Tribunale di Milano è sicuramente severa anche se l’ accusa più grave, l’ associazione a delinquere, non vi compare. Però sei anni di reclusione, la confisca di sei milioni di euro, l’ interdizione dai pubblici uffici per Roberto Formigoni costituiscono di sicuro una svolta. Naturalmente l’ ex presidente della Regione Lombardia farà ricorso, come hanno annunciato i suoi legali, tuttavia è immaginabile che a Milano i giudici abbiano imposto alla sua vita politica uno stop dal quale sarà faticoso riaversi.

Anche perché il processo e le accuse hanno toccato due punti essenziali per la militanza politica e sociale di Formigoni. Innanzitutto il sistema sanitario della Lombardia, portato ad esempio di efficienza per prestazioni e bilanci. Certo, un modello non unanimemente riconosciuto come tale (rimasero memorabili gli scontri tra il suo Pirellone e il ministro della Sanità Rosy Bindi) e tuttavia solido sistema amministrativo e politico su cui a lungo si è basata buona parte del prestigio della Regione e dell’ allora suo presidente, tanto fiero dell’ eccellenza lombarda.

La sentenza di Milano invece colpisce questa simbologia e sancisce che, viceversa, era possibile ad operatori privati della sanità magari in difficoltà, ottenere favori e commesse dal vertice dell’ ente pubblico in cambio di sostanziosi favori. Stiamo parlando di esborsi pubblici alla fondazione pavese Maugeri e al San Raffaele per duecento milioni di euro in circa dieci anni a fronte di decine di milioni di mazzette distribuite ad un gruppo di sodali che, secondo la sentenza, aveva in Formigoni l’ esponente di maggior potere (anche se non in associazione a delinquere con gli altri: da questa accusa Formigoni è stato assolto).

Il secondo aspetto riguarda l’ estenuante telenovela che ha raccontato, di Formigoni, una vita di agi privati ottenuti - hanno sentenziato i giudici - proprio grazie a quel sistema di corruttela: viaggi costosi, vacanze in yacht, ristoranti di lusso, senza però riuscire a trovare per tutte quelle spese la prova che gli ozi, sicuramente meritati, il governatore lombardo se li era pagati di tasca sua. La triste sequela dei non ricordo anzi ha appaiato Formigoni alle disavventure di altri politici di ogni colore, da ultimo l’ ex sindaco di Roma Ignazio Marino, anche lui pizzicato ad offrire ostriche a champagne con la carta di credito del dissestatissimo Comune capitolino.

E per di più nel caso di Formigoni le critiche allo scialo dal dubbio finanziamento si sono incrudelite perché in contraddizione con il mondo di valori a cui l’ attuale senatore del Ncd fa riferimento da quando era ragazzo. La carriera di quel giovanottone lecchese laureato in Filosofia alla Cattolica (con tesi su Marx) si è infatti sviluppata tutta dentro il Movimento Popolare, l’ organismo laico di intervento sociale legato a Comune e Liberazione, da lui fondato e presieduto dalla metà degli anni ’70 - nel pieno della crisi del rapporto tra Dc e mondo cattolico - fino alla fine degli ’80 quando con un mare di preferenze l’ ancor giovane Roberto arrivò prima al Parlamento europeo e poi alla Camera nel gruppo di una Dc ormai al tramonto. Quando, con la seconda Repubblica, agli ex democristiani toccò scegliere: o con la sinistra o con la destra, Formigoni non ebbe dubbi e insieme a Rocco Buttiglione appoggiò l’ alleanza guidata da Silvio Berlusconi.

Da allora lui, come tanti altri, ha percorso tutta la strada tortuosa della seconda Repubblica, però non cambiando mai campo: centrodestra era e centrodestra è rimasto. E con questa veste politica ha segnato la più impegnativa delle sue vicende politiche: una presidenza della Regione Lombardia talmente lunga da farlo identificare con il Pirellone, lui che i comici alla Crozza e i nemici continuano a chiamare Il Celeste. I giudici lo hanno sanzionato proprio nella sua esperienza politica più importante rischiando che si ricordino, di quel decennio, soprattutto i tuffi dal motoscafo nel mar dei Caraibi. Una etichetta che Formigoni dovrà far di tutto per togliersi di dosso.

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