Roghi ai tir nella ditta di Seriate
Quei «fiori» (i soldi) non consegnati

Processo per mafia: il racconto del maresciallo che ha svolto le indagini:. I presunti esecutori si lamentarono di non essere stati pagati.

Non solo gli investigatori hanno «osservato» con attenzione ciò che è accaduto in Bergamasca dopo l’incendio del 6 dicembre 2015 a Seriate ai mezzi della Ppb di Antonio Settembrini, per il quale sono a processo sette persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso. I rapporti tra i presunti protagonisti, sono stati pesati e «giudicati» anche da altri conoscitori delle regole della ’ndrangheta.

Nel ricostruire le indagini, il maresciallo del nucleo investigativo dei carabinieri Carlo Airoldi, ha parlato dell’incontro (a fine luglio) tra Vincenzo Iaria, uno degli imputati, con Paolo Giovanni Giordano e Rosario Iuliano, incaricato di portare un messaggio a Giuseppe Papaleo, considerato il mandante del rogo. In auto, Giordano si lamenta del comportamento di Papaleo che si sarebbe disinteressato di Mauro Cocca e Giovanni Condò , i presunti esecutori materiali dell’incendio, e parla di «fiori» (nel gergo sarebbe il compenso) non consegnati. Iaria e Giordano sarebbero poi andati a Reggio Emilia, per incontrare Salvatore Turrà, pregiudicato, fratello di Roberto (condannato a 8 anni nel processo Aemilia). Sarebbe Turrà, racconta il maresciallo, che parlando di ’ndrangheta, avrebbe criticato i «nuovi costumi». «Non ci sono più i valori di una volta». Per poi redarguire i due per essere andati a parlare con Papaleo: «Siete andati per i campi e vi siete trovati tra le mine». Cioè, sono andati a parlare da un compaesano ma «non avevano idea con chi si stessero interfacciando».

Turrà si sarebbe lamentato di Gaetano Antonio Fortugno (affiliato alla cosca dei Piromalli) «per non aver protetto gli interessi di Condò e Cocca: doveva essere lui a intervenire per parlare con Papaleo, perché di un livello superiore». Iaria era un uomo di Fortugno. Gli avvocati degli imputati hanno ingaggiato battaglia. Il difensore di Papaleo, nel contro-interrogatorio del carabiniere, ha puntato l’attenzione sulla ricostruzione delle indagini, in particolare sulle minacce che il suo assistito avrebbe ricevuto per rinunciare a un appalto per l’autotrasporto di merci («sì, in questo era persona offesa», ha risposto il maresciallo, con riferimento al processo in abbreviato a Brescia). Sui presunti rapporti tra lui e Iaria è lo stesso Papaleo a sbottare in aula: «Non l’ho mai conosciuto». Papaleo ha avuto relazioni con «soggetti attenzionati dal vostro Nucleo»?, chiede la difesa. «No», ha risposto il maresciallo. In aula, tra il pubblico, anche una classe di studenti, la presidente della commissione antimafia regionale Monica Forte e rappresentanti di Libera e Agende Rosse.

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