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Ribelli, liberi e onnipotenti: un viaggio fra i castelli della Loira a vent’anni

Racconto. Gli anni Novanta, quattro amici e una Golf. Il racconto di una congiunzione di anime per le strade di Francia

Lettura 6 min.

Voglio raccontare il viaggio che hanno fatto dei miei amici, tanti anni fa. È il viaggio che avrei sempre voluto fare anche io. Il viaggio che tutti dovrebbero fare. Il viaggio che probabilmente altri hanno fatto. O forse no, perché i viaggi sono tutti diversi, come gli esseri umani. Però può essere simile ciò che i viaggi ci insegnano.

In ogni caso, per provare quello che hanno vissuto i miei amici ci vuole un legame speciale tra chi partecipa al viaggio. Ecco, il rapporto che si era instaurato tra di loro era davvero molto profondo.
Oggi li vedo raramente perché la vita ci cambia e si prendono strade diverse e le esperienze ci modificano e le responsabilità aumentano… insomma, quella roba lì. Però nei lontani anni Novanta li frequentavo spesso e invidiavo il loro affiatamento.

Li presento, partendo da Eva, l’affascinante e ascetica intellettuale, e Priscilla, una leonessa bionda e dagli occhi blu, amiche da una vita. Federico, l’uomo più sornione del mondo e dai modi eleganti e disinvolti, e Lorenzo, il cittadino del mondo libertario e libertino, anche loro amici da una vita.
Affinità Elettive? Chissà.

Come iniziò la loro storia? Partì tutto da quella sera in cui Federico conobbe Priscilla e tra i due nacque subito una simpatia. Lei poi gli presentò la sua migliore amica, Eva appunto. E lui chiuse il cerchio portando successivamente Lorenzo, il suo grande amico. La sera che uscirono tutti insieme si accese la fiamma. Fu subito un rapporto speciale, prima ancora che nascesse l’amore tra le due coppie.

Alchimia, empatia, chimica, pelle: ognuno ne dà una definizione diversa. Ma la sostanza è la stessa: tra loro quattro scorreva un filo che li legò tutti fin dal primo istante.
Un altro incontro e poi una cena, le chiacchiere sulla vita fino alle tre della mattina, quelle che si fanno a solo vent’anni, i giochi in scatola nella taverna di Priscilla o di Eva, le cene da Federico che preparava la sua famigerata pasta con la noce moscata, gli aperitivi nell’appartamento follemente disordinato di Lorenzo. Stavano bene.
Spensieratezza.

Improvvisamente, sembrò loro la cosa più naturale del mondo organizzare un viaggio insieme per le imminenti vacanze estive. E lo fecero.
I castelli della Loira.

Certi luoghi sono come calamite, ci attraggono a prescindere da come sono esteriormente. Ecco, la Valle della Loira con i suoi castelli è uno di questi. Nessuno di loro l’aveva mai visitata, per quanto tutti conoscessero discretamente la Francia. Eppure, tra tutte le mete possibili per trascorrere una settimana insieme, i miei amici scelsero questo itinerario lungo e povero dei divertimenti ricercati dai loto coetanei. Magnetismo.

Una delle cose belle della giovinezza è la velocità con la quale ci si mette in moto. Infatti, subito dopo l’idea giunse la pianificazione. Il Consiglio di Guerra a casa di Priscilla partorì un itinerario ambizioso (Eva stese un piano di ben 15 castelli da visitare in una settimana) che nessuno pensava realisticamente di rispettare, ma che era bello da avere come un grande obiettivo da raggiungere. Priscilla pensò al mezzo di trasporto, offendo la sua Golf. Anzi, sebbene la usasse sempre lei, va detto che apparteneva alla sorella Chicca. Una situazione molto comune fino a tanti anni fa, a differenza dell’attualità dove ogni singolo essere umano possiede un’automobile. I due ragazzi fornirono sostegno morale all’organizzazione del viaggio. Tradotto in atti, mantennero l’atmosfera spensierata e divertente.
Mancavano un paio di settimane al D-Day.

Non prenotarono nulla, guardarono solo la rotta da seguire ma rimanendo aperti a cambiamenti in corso di viaggio, integrazioni o sottrazioni che fossero.
Chi ha fatto un viaggio simile, conosce bene la trepidazione che precede la partenza; le aspettative più mirabolanti; i sogni a occhi aperti; l’eccitazione che fa camminare a due metri da terra.
Partiti!

Alle 5 della mattina, un orario indigesto ma necessario per arrivare alla sosta a un’ora decente, la turbina della Golf saettò verso il confine francese. Il primo stop avvenne nei pressi dell’Abbazia di Cluny. Le sue affascinanti rovine sedussero subito tutti e quattro. A pranzo i due maschietti si ingozzarono di carne di puledro, birra e patatine fritte, guadagnandosi così una zavorra che li avrebbe accompagnati per tutta la giornata. Tornati a casa, mi raccontarono che nel giardino dell’abbazia e in mezzo a rovine e turisti incuriositi, si dedicarono alla gara di chi lasciava cadere dalla bocca il filo di saliva il più lentamente possibile. Fu certamente uno spettacolo e mi dispiace non aver potuto assistervi. Non so chi vinse ma so che si divertirono un mondo.

Passarono la prima notte in una semi-deserta ma comunque bella Bourges. Camere separate, ma atmosfera elettrica, carica di non detti e sottintesi. Naturalmente i due ometti, guidati dal cospicuo testosterone dei ventenni, si aggirarono spesso dalle parti della camera delle amiche. Alla fine, esplose la prima incomprensione tra Priscilla e Federico, ormai quasi coppia anche dal punto di vista sentimentale. Eva e Lorenzo, per ora solo amici, furono testimoni muti e smarriti della sceneggiata sul pianerottolo. Condividere l’imbarazzo li avvicinò e generò confidenza.

Decisero definitivamente di dormire tutti insieme dopo Blois: pare che la camera delle fanciulle fosse già occupata da un fantasma. Naturalmente ci risero su. I ragazzi si atteggiarono coraggiosamente a Ghostbusters ma non trovarono nulla. O forse quel fantasma amava solo la compagnia femminile. In ogni caso, le ragazze non tornarono più nella loro camera.

In una settimana si sciropparono almeno cinquemila km; eppure i robusti pneumatici dell’auto scivolarono sulle Nationales transalpine come se fossero state tappeti. Alla guida restò sempre Priscilla, Federico al suo fianco come co-pilota. A Eva e Lorenzo non dispiacque certo rimanere dietro, ma sempre attenti a tenere i conduttori allegri e concentrati. Magari amoreggiando un pochino…

Nell’abitacolo del mezzo, oltre alle divertite chiacchierate dei quattro ventenni, risuonò sempre ottima musica. Le hit del momento, canzoni più vecchie (soprattutto italiane), sdolcinate canzoni francesi alla radio. Da Umberto Tozzi e Guesch Patti passando dal Boss e Plastic Bertrand.

Di battibecchi ne seguirono altri, anche a coppie invertite o tra maschietti e femminucce; ma furono sempre risolti e conclusi dalla pace. Erano quattro giovani entusiasti, passionali, affiatati e ingordi di esperienze. Un quartetto così assortito non poté che innamorarsi di quella regione della Francia, seducente ed elegante, dei castelli, della strada, della cuisine, dell’amicizia. Del viaggio. Alla fine, anche tra le due coppie sbocciò l’Amore.

La Valle dei Castelli fu per loro un rifugio dalla vita quotidiana, dallo studio, dalle consuete amicizie, dalle famiglie. Per una settimana si tuffarono in una dimensione a parte. Da un certo punto di vista, era più Francia di altre regioni, allo stesso tempo la presenza dei castelli la rendeva sospesa nel tempo. Le colline e i manieri della celebre valle furono lo sfondo ideale eppure al contempo reale per il magnifico viaggio dei ragazzi. A spasso tra raffinate città come Orléans e Tours, tra Cattedrali come quella di Bourges o, tra i castelli di Blois, Chambord, Langeais, Azay-le-Rideau, Amboise, Chénonceaux, passeggiando nei ridenti giardini di Villandry (magari addentrandosi in discussioni filosofico-letterarie) o calpestando le orme di Leonardo nel piccolo maniero di Clos Lucé; i ragazzi si trovarono nello scenario perfetto per vivere tutte le loro intense passioni e le loro più belle emozioni.

Ogni occasione era buona per ridere e divertirsi. Come quando, di fronte a un giovane albergatore che mentre parlava teneva la lingua appollaiata su un lato della bocca, pensarono bene di imitarlo e trasformando così quel breve incontro in una gag alla Benny Hill. Rise ovviamente anche lui, la loro allegria era contagiosa.

Inebriati dalla Loira, si spinsero anche nella vicina e magica isoletta di Mont-Saint-Michel per scalarne le ripide viuzze. Eva sfoggiò una maglietta con un soggetto politico che non piacque a dei connazionali. I fiorentini commentarono negativamente ma furono anche signorilmente ignorati. Chi è felice non bada ai disturbatori. Si sentivano al di sopra, ribelli, liberi. Onnipotenti. Vivevano a cavalcioni di una gigantesca onda. Ormai con un piede in Bretagna, vi lanciarono il loro fedele destriero meccanico per respirare l’aria del mare e abbuffarsi di crepes innaffiate di sidro. Percorrere i camminamenti delle mura di Saint Malo, scattando fotografie e ridendo come matti, cementò ancora di più la loro amicizia.

La contentezza di vivere in simbiosi li fece perfino dimenticare di soggiornare in vere e proprie stamberghe. Per esempio a Tours, dove si adattarono a una stanza senza scuri né tende, due letti a una piazza e mezzo che toccavano terra e la toilette separata dalla camera e ubicata nel cortile. Tra loro regnava la stessa atmosfera promiscua e ridanciana di una gita scolastica, dove solitamente si visita (quasi) con discrezione un luogo importante e serio, per poi buttarsi subito dopo nello sfrenato divertimento serale insieme agli altri. Talvolta le due coppie ritornavano alla condizione originaria: Federico a Lorenzo si isolavano per tracannare birra e parlare di donne e goliardate, Priscilla ed Eva si staccavano per disquisire di ragazzi e sentimenti.

Durante il viaggio di ritorno saltò fuori qualche momento di nervosismo, magari dovuto alla contrarietà di dover rientrare alla normalità. Lorenzo si ruppe perfino un dente mangiando un hamburger.

Questo viaggio capitò proprio nel momento nel quale i due ragazzi si stavano trasformando in uomini e le due ragazze in donne. Non fu quindi solo un viaggio, ma una tappa importante della loro crescita.

Non si trattò forse del viaggio in sé, ma del momento in cui si svolse. Negli anni che seguirono, anche se i rapporti tra loro cambiarono, spesso si ritrovarono a rievocare i momenti passati insieme.

Forse non è giusto chiedere di sospendere il tempo. E nemmeno di ripetere gli accadimenti della vita. In effetti nessuno disse nulla di tutto ciò, assaporando fino all’ultimo istante ciò che a loro venne concesso per stare bene. Eppure, quei pochi giorni rimasero scolpiti per sempre nella memoria di tutti e quattro, anche a distanza di anni e dopo aver imboccato strade diverse.

Lorenzo mi raccontò bene la sua sensazione al proposito. La vita, mi disse, spesso appare un grande terreno senza indicazioni da seguire; ma talvolta capitano delle situazioni che invece mostrano dei rassicuranti punti di riferimento, come se sulla mappa della propria esistenza improvvisamente fosse apparsa la direzione giusta e non ci muovesse più a casaccio. In quelle occasioni, aggiunse, i legami che si stringono rimangono saldi per tutta la vita.

Ho viaggiato molto nella mia vita, sia per piacere che per lavoro. E spesso in compagnia. Talvolta ottime compagnie. Ma quello che loro hanno vissuto, pur avendo visitato luoghi più esotici e più lontani, io non l’ho mai avuto. Il loro viaggio è stato una congiunzione di anime.

Chapeau.

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