Rai Notte (2)

Lo sciopero di un ente pubblico contro la spending review del governo dovevamo ancora vederlo. Poiché la Rai intende tenere fede alla sua vocazione per l’originalità, l’11 giugno ce lo mostrerà.

Lo sciopero di un ente pubblico contro la spending review del governo dovevamo ancora vederlo. Poiché la Rai intende tenere fede alla sua vocazione per l’originalità, l’11 giugno ce lo mostrerà.

Mentre l’Italia intera negli ultimi anni ha avvertito sulla sua pelle gli effetti micidiali della crisi; mentre i cittadini si sono visti ridurre stipendi e potere d’acquisto; mentre nel mondo dell’informazione praticamente tutte le aziende sono state costrette a tirare la cinghia, a ricorrere a prepensionamenti e ammortizzatori sociali, a chiedere sacrifici ai dipendenti per mantenere la barca a galla, la Rai ha deciso di ribellarsi all’invito di mettere a disposizione 150 milioni di euro di canone (su un gettito di 1,5 miliardi) per finanziare gli 80 euro di sgravi Irpef ai contribuenti meno abbienti.

Così l’azienda, che ha un bilancio di 2,8 miliardi e da sempre sta in piedi grazie alle iniezioni di denaro dell’azionista di riferimento (che è lo Stato, quindi i contribuenti italiani), ha deciso di incrociare le braccia per difendere il diritto di vivere fuori dal tempo.

Invece di razionalizzare le spese, di rivedere interessi corporativi, di stare sul mercato e darsi regole simili a quelle dei competitor (a Sky il costo del lavoro incide per il 7%, a Mediaset per il 13%, alla Rai per il 36%), ecco che la mamma catodica degli italiani sciopera.

E trova nel suo incedere ribelle due alleati insolitamente appaiati: Susanna Camusso, pronta alla battaglia di retroguardia, e Beppe Grillo ormai condizionato dalle scelte di Renzi. Se l’uno dice bianco, l’altro dice nero. E la chiamano dialettica democratica.

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