Tutto in una foto

di Giorgio Gandola
«Ma quel tizio mi rovina la foto». Era il 5 giugno di 25 anni fa e Jeff Widener, fotografo dell’Associated press, se ne stava appollaiato davanti a una finestra al sesto piano dell’Hotel Pechino durante le rivolte studentesche che incendiarono la Cina.

«Ma quel tizio mi rovina la foto». Era il 5 giugno di 25 anni fa e Jeff Widener, fotografo dell’Associated press, se ne stava appollaiato davanti a una finestra al sesto piano dell’Hotel Pechino durante le rivolte studentesche che incendiarono la Cina. Imbracciava un cannone fotografico - fotocamera dotata di obiettivo da 400 millimetri con moltiplicatore di focale - per immortalare i carri armati che attraversavano piazza Tienanmen a 800 metri di distanza da lui. Aveva inquadrato i tank e messo a fuoco la situazione.

«Ma quel tizio mi rovina la foto», sbottò quando nell’obiettivo si inserì un ragazzo in maniche di camicia che andò a piazzarsi davanti al primo carro armato. La colonna si fermò, il tank scartò più volte di lato, ma il giovane con una busta nella mano sinistra e la giacca nella mano destra lo bloccava mettendoglisi di fronte. Widener scattò una, dieci volte, un rullino di volte. Poi vide il ragazzo arrampicarsi sul carro armato e parlare con il guidatore. Ricostruzioni successive accreditano due frasi: «Perché siete qui? La mia città è nel caos per colpa vostra» e «Andatevene e smettetela di uccidere la mia gente».

Nessuno sa che fine abbia fatto. Alcuni giornali scrissero che era stato giustiziato qualche giorno dopo. Per non vedersi sequestrare la testimonianza , Widener diede il rullino a un turista che lo portò all’ambasciata americana. E il mondo seppe. Oggi ci piacerebbe che sapessero anche i ventenni con l’iPod incorporato. Quel giovane senza nome era loro coetaneo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA