Rilanciare l’Italia
C’è poco tempo

Campionato a riposo – si ripartirà nel fine settimana dilatato da uno spezzatino che colloca l’Atalanta per la terza volta in quattro giornate al lunedì sera –, tiene banco la Nazionale. Un’Italia ai minimi termini, detto fuori dai denti. La gara con la Polonia ha confermato quale brutta gatta da pelare si sia accollato Roberto Mancini accettando una panchina azzurra scomoda (e poco appetita) come poche altre volte nella storia. Perché c’è un sacco di lavoro da fare per recuperare competitività (prima ancora che posizioni nel ranking Fifa, nel quale siamo scivolati al 21° posto) e una dignità di gioco e risultati degna di una nazione che vanta quattro titoli mondiali.

Le individualità a disposizione del ct sono discrete e in alcuni casi buone, anche se manca il giocatore di caratura superiore: il Pirlo o il Totti della situazione, per intenderci. La somma di queste individualità per ora è insufficiente, il prodotto è scarso. Contro i polacchi si è cercato di macinare gioco con buona volontà e applicazione ma si è tirato con il contagocce e soprattutto si sono commessi errori di misura, anche banali, con una frequenza desolante. Tentare di recuperare Balotelli è una perdita di tempo ma Mancini sembra quasi in difficoltà a chiudere il discorso. Meglio puntare sui più affidabili, per impegno e diligenza tattica, Belotti e Immobile. E va bene dare spazio al giovane Federico Chiesa ma ci andrei piano a investirlo subito del ruolo di salvatore della patria. Ci vuol altro che i guizzi, pur preziosi, dell’attaccante viola per restituire forza e credibilità alla Nazionale. Stasera auguriamoci un passo avanti nel confronto con il Portogallo. Il problema dell’impiego limitato in serie A dei talenti italiani denunciato da Mancini, come già dai suoi predecessori (fa parte delle giuste ragioni dei commissari tecnici), è reale: la squadra azzurra ne risente. Inevitabilmente. Ma, nel gioco delle parti, i club devono fare i conti con obiettivi e umori della piazza. Cercando di far quadrare i bilanci. Il bisogno del risultato immediato e a tutti i costi confligge spesso con quel coraggio che invocano gli osservatori più illuminati, Arrigo Sacchi in testa. Dipende da che calcio vogliamo, in tempi di agonismo urlato (basta ascoltare una telecronaca qualsiasi). E non è una scelta stagionale, ma culturale. Siamo pronti?

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