Nasce il risotto
alla bergamasca

C'è la «polenta della bergamasca», così come il salame o i casoncelli della bergamasca, ma non è ancora stata codificata la ricetta di un «risotto alla bergamasca». Eppure i bergamaschi sono ghiotti di risotto e in tutti i ristoranti, così come in tutte le case, viene servito piuttosto spesso.

Un «risotto alla bergamasca», qualora dovesse essere codificata la ricetta e dovesse incontrare il favore dei buongustai, potrebbe assurgere a gloria nazionale come il celebre «risotto alla milanese» (quello con lo zafferano, che tutti conoscono). A colmare la lacuna, a donare a Bergamo un «suo» risotto tipico, ci ha pensato Pino Capozzi, il noto ristoratore-albergatore, titolare dell'Agnello d'Oro e del Città dei Mille a Bergamo e del GuglielMotel a Capriate San Gervasio.

Capozzi ha tutte le carte in regola per una simile iniziativa. Nella sua lunga carriera di cuoco, ristoratore e manager dell'ospitalità, Pino Capozzi ha alle spalle anche la stesura, insieme all'attrice Ave Ninchi, di un volume sul riso e le sue ricette, pubblicato da Mondadori nel 1976.

«Modestamente - dice Capozzi - ritengo anche di saper scrivere, oltre che cucinare. Ho la tessera di giornalista pubblicista dal 1980 ma è fin dal maggio 1950, da quando ho conosciuto monsignor Andrea Spada, che mi onoro di essere collaboratore de "L'Eco di Bergamo". Con Spada - che mi volle tra i collaboratori nonostante tutti gli impegni professionali che avevo nella ristorazione e nel settore alberghiero - ho sempre condiviso sentimenti di grande stima e amicizia che ancora oggi mi commuovono».

Nel corso della sua lunga carriera (ha compiuto 86 anni nel settembre scorso, portati benissimo), Capozzi ha partecipato a numerose rassegne gastronomiche e trasmissioni televisive (la più nota, negli Anni Settanta, «Colazione alle sette» condotta da Luigi Veronelli su Rai 2), riportando trofei e diplomi di cui sono tappezzate tutte le pareti dell'Agnello d'Oro.

«È da un po' che penso al "risotto alla bergamasca" e voglio proporlo alla città e alla provincia, sperando che piaccia. La ricetta intende valorizzare in particolare due prodotti tipici, il taleggio e la salsiccia, in dialetto la loanghìna, oltre al vino Valcalepio bianco Doc».  «Quanto prima - conclude Capozzi - chiamerò alla mia tavola alcuni amici, giornalisti e autorità, che ritengo buongustai e a loro chiederò di darmi un primo parere su questa ricetta».
 Roberto Vitali

LA RICETTA
Ingredienti per quattro persone: 300 grammi riso Carnaroli, 80 grammi burro, 200 grammi loanghina (salsiccia suina fresca), 120 grammi Taleggio Dop, 2 litri brodo vegetale, 1 bicchiere di vino bianco Valcalepio Doc, 1 scalogno, 1 rametto di salvia, pepe nero.

Procedimento - In una casseruola bassa e larga far dorare, in 50 grammi di burro, lo scalogno affettato sottilmente e il rametto di salvia. Quando lo scalogno sarà appena dorato, eliminare la salvia e aggiungere la salsiccia di maiale privata del budello e sgranata grossolanamente. Far friggere leggermente la salsiccia, versare il riso e tostare per qualche minuto, quindi bagnare con il bicchiere di Valcalepio bianco.

Una volta evaporato il vino, continuare la cottura con l'aggiunta graduale di mestoli di brodo bollente. A cottura ultimata (circa 20 minuti), togliere la casseruola dal fuoco, mantecare velocemente il risotto con il resto del burro, una macinata di pepe ed il taleggio tagliato a cubetti. Lasciare insaporire un paio di minuti e porzionare poi in piatti piani ben caldi.

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