I vini «estremi»
da Aosta a Mozzo

Sono chiamati vini “estremi”, “eroici”, perché coltivare la vite e vendemmiare in certe condizioni di terreno e di clima è veramente da vignaioli eroici. E' il caso della Valle d'Aosta e in particolare della zona di Morgex e La Salle.

Sono chiamati vini “estremi”, “eroici”, perché coltivare la vite e vendemmiare in certe condizioni di terreno e di clima è veramente da vignaioli eroici. E' il caso della Valle d'Aosta e in particolare della zona di Morgex e La Salle, dove i vigneti arrivano a una altitudine di 1.200 metri e tutti gli anni si lotta contro due geli: a volte si vendemmia dopo la prima neve, a volte nevica quando già le prime gemme sono spuntate sui tralci. Eppure qui la vite è coltivata da secoli e, grazie all'esperienza e alle nuove tecnologie, grazie soprattutto al duro lavoro dei vignaioli, si ottengono vini dalle caratteristiche uniche, apprezzati in Italia e all'estero proprio per la loro unicità.

Da alcuni anni è nato il marchio consortile “Quattremiles mètres Vins d'Altitude”, espressione della sinergia di tre storiche cantine valdostane (Co-Enfer, Cave du Vin Blanc de Morgex e de La Salle, Crotta di Vegneron) consociatesi per produrre vini spumanti (Metodo Classico e Italiano) e per attività comuni di marketing. I vini di queste aziende sono stati protagonisti di una serata al ristorante “La Caprese” di Mozzo, presenti Remo Jorrioz e Federica Rosso per i produttori valdostani e la sommelier professionista Anna Belotti per l'azienda distributrice Proposta Vini (www.propostavini.com – 349.8650727).

Per la circostanza il patron del noto ristorante di Mozzo, Bruno Federico, ha preparato un menù ispirato alla cucina marinara di Capri, un vero connubio tra i vini delle Alpi e la cucina tipica dell'isola che è stato apprezzato dai buongustai intervenuti (tra loro alcuni sommelier professionisti che non si sono lasciati scappare l'occasione di assaggiare vini rari, prodotti in quantità limitate). Il menù è iniziato con un “marinato di pesci all'isolana”, quindi “vellutata di cicerchie con gamberetti di nassa e totanetti”, “pasta con le sarde alla Caprese”, “totanetti con patate e pomodorini al pignatiello”, per chiudere con la pastiera napoletana.

Proprio alla fine è arrivato l'abbinamento più azzardato ma piacevole, quello della pastiera con il noto vino rosso “Enfer d'Arvier Superieur du Pape”, dedicato ai Papi che per tradizione trascorrono un periodo di vacanza estiva in Valle d'Aosta. Dell'Enfer si producono non più di 50 mila bottiglie, realizzate con il vitigno autoctono Petit Rouge (85%). Intenso, dal sapore corposo, è stato uno dei primi vini vini valdostani a ottenere la Doc, già nel 1972.

In precedenza, della stessa cantina erano stati serviti il “Soleil couchant” (un Pinot grigio in purezza, tutto particolare, che qui viene chiamato “Malvoisie”, al palato avvolgenti note di mango e avocado) e il rosso Mayolet, vitigno autoctono vinificato in purezza, chiamato anche “Vino dei signori” (giovane, di grande freschezza, notevoli note speziate e leggermente sapide). Il brindisi finale è stato fatto con un Metodo Classico degno di grande attenzione: l'Extreme Blanc de Morgex e de La Salle, 16 mesi sui lieviti, ottimo a tutto pasto.

Una curiosità: una partita di queste bottiglie viene accatastata in quota nella cantina del rifugio Franco Monzino, a 2.590 metri di altitudine, grazie a un accordo con la società delle guide di Courmayeur. Una sperimentazione che sta dando risultati sorprendenti.

Roberto Vitali

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