Birra e donne, «bionde» a confronto
tra vecchie e nuove pubblicità

«Chiamami Peroni, sarò la tua birra». Impossibile non ricordare questa frase che ha fatto la storia della pubblicità. Del resto donne e birra hanno un legame da sempre, bionde (in alcuni casi) entrambe.

E tralasciando il gioco di parole, sarà per via di quelle bollicine, sarà per quella piacevole punta di amaro, per quel mix di leggerezza e basso contenuto di alcol, ma in un bicchiere di birra da 0,20 l (la classica «spina piccola», il formato più consumato dalle 18-35enni, secondo una ricerca di AssoBirra) ci sono tante altre proprietà e componenti che la rendono il formato ideale per le donne, sempre ricordando che tutti gli aspetti positivi della birra non possono prescindere da un suo consumo moderato, consapevole e responsabile.

La birra è una bevanda naturale, senza conservanti o coloranti, preparata secondo una ricetta antica e semplice fondata su 4 ingredienti base, gli stessi del pane: acqua, cereali e lievito. E, in più, il luppolo, che le dà il caratteristico tono amarognolo.

Sfatiamo un mito: la birra non ingrassa. I 0,20 l di birra corrispondono ad un valore calorico modesto: circa 68 kcal, meno di quelle contenute in un’analoga quantità di succo di frutta o in un calice di vino, bianco o rosso, da 0,125 l.

E sempre per sfatare un mito, eccone un altro: non è vero che la birra gonfia, basta è saperla versare correttamente per far sviluppare la schiuma. La schiuma è fatta di bollicine di anidride carbonica che si sviluppano naturalmente durante la fermentazione dei cereali. Se versata correttamente, con una schiuma ben compatta ed alta più o meno due dita, c’è meno anidride carbonica, e con la giusta quantità di bollicine la birra è più buona e meno gassata.

La schiuma inoltre è il filtro naturale della birra, attraverso cui vengono dosati, con eleganza e gradualità, gli aromi del luppolo e del malto, per esaltarne il caratteristico gusto amaro. Inoltre protegge la birra dall’ossidazione, mantenendone integri aromi e fragranze, amplificandone la piacevolezza e rendendola così più buona e digeribile. Anche in questo caso, ovviamente, il segreto resta la moderazione. Mai esagerare con le quantità. E la pancia resterà piatta.

E se le pubblicità della Peroni, così come della BudWeiser, sono famose in tutto il mondo, ce ne sono altre che non possiamo dimenticare: «Un bicchiere di birra ha così poche calorie che... lascia il peso che trova. Meditate, gente, meditate!» ve la ricordate?

Erano gli anni Ottanta e così diceva Renzo Arbore ad una modella, in una storica campagna di AssoBirra ambientata sulla passerella di una sfilata per raccontare alle donne le virtù di una bevanda allora poco amata dal gentil sesso. Più di 30 anni dopo, l’Italia è il Paese con il più alto numero di consumatrici di birra in Europa (6 su 10), pur mantenendo il minor consumo procapite (solo 14 litri) e un approccio a questa bevanda nel segno della moderazione e del consumo a pasto.

Non a caso, allora, nel 2015, AssoBirra «festeggia» questa passione dedicando alle donne «Birra, io t’adoro»: una campagna di comunicazione collettiva che arriva 30 anni dopo l’iconica «Birra, e sai cosa bevi» e mette al centro del messaggio le donne e il loro rapporto con la birra. La protagonista di «Birra, io t’adoro» è una donna moderna, indipendente, ironica, impegnata, che anche nella vita frenetica di tutti i giorni riesce a ritagliarsi dei momenti di piacere e socialità in cui il gusto della birra è complemento perfetto.

Del resto l’incontro tra birra e pubblicità ha quasi 90 anni di storia. «Birra, io t’adoro» è solo l’ultimo passaggio di un percorso (il rapporto degli italiani con la birra) passato attraverso l’evoluzione degli stili di vita che ha raccontare la birra agli italiani attraversando il cambiamento delle mode, dei modelli di consumo, degli stili di vita del Paese. Trovando sempre linguaggi, chiavi e canali di comunicazione al passo con i tempi - dalle prime affissioni a Carosello, passando per la televisione fino ai social network – e lasciandoci in eredità vere e proprie “perle” di comunicazione. Ripercorriamo insieme le tappe principali legate alla pubblicità che negli anni è andata a braccetto con grandi personaggi del jet-set italiano e internazionale, come Fred Buscaglione e Anita Ekberg, Mina, Tognazzi fino a Renzo Arbore. E ci ha lasciato indimenticabili slogan, da «Chi beve birra campa cent’anni» a «Birra, e sai cosa bevi!»

Ogni campagna è stata riflesso dei suoi tempi. È datata 1929 la prima campagna collettiva della birra con il fortunatissimo, e inossidabile «Chi beve birra campa cent’anni». L’headline recitava, testualmente: «Bevetela durante i pasti. Facilmente digeribile, contenente sostanze toniche e nutrienti, la birra è indicata durante i pasti, anche per le donne, vecchi e bambini. Assicura sonni tranquilli e umore lieto». Certo, oggi sarebbe impensabile promuovere il consumo di alcol dei bambini… Ma le cose del passato vanno viste con gli occhi del passato e all’epoca quel messaggio fu un’idea pubblicitaria geniale.

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