Doom: il re
degli Fps è tornato

Questo reboot di Doom è quanto di più vicino alla filosofia del capostipite si possa desiderare: adrenalina, frenesia e brutalità in quantità industriali. Il tutto reso ancora più spettacolare da un comparto estetico molto valido ed estremamente fluido. Nota dolente: un multiplayer senza personalità.

Piattaforma: PC, Xbox One e PlayStation 4

Genere: Sparatutto in prima persona

Sviluppatore: id Software

Produttore: Bethesda Softworks

Distributore: Bethesda Softworks

PEGI: 18

Era il 1993 e su MS-DOS, l’antenato di quello che oggi conosciamo come Windows, girava un videogioco di nome Doom. Velocità, immediatezza e violenza erano gli ingredienti del titolo sviluppato dai ragazzi di id Software, che in pochissimo tempo conquistò tutti diventando il paradigma del genere sparatutto in prima persona il quale - in barba alle schizofreniche critiche dei benpensanti sull’esaltazione della violenza - ha trainato per anni, e continua a trainare in larga parte, il business dei videogiochi. Da allora id Software ha portato sugli scaffali dei negozi moltissimi altri titoli, come il valido Quake, e sequel e spin-off dello stesso Doom. A distanza di 23 anni dalla sua prima apparizione, Doom ritorna con un interessante e attesissimo reboot, sempre sviluppato da id Software e pubblicato da Bethesda Softworks.

In questo reboot di Doom un abbozzo di trama c’è, ma non si vede (come i trucchi di un illusionista), o meglio: conta davvero poco. Il giocatore veste i panni dell’unico soldato - come da tradizione, senza nome e background - sopravvissuto all’interno di una struttura coloniale terrestre su Marte e di proprietà della Union Aerospace Corporation. Qui il buon marine dovrà vedersela con orde impazzite di demoni fuoriusciti da un portale che collega Marte a un non meglio precisato mondo degli Inferi. Questo basterà per far capire al giocatore che tutto ciò che si muove va eliminato.

Se i più nostalgici speravano di trovare un prodotto vecchia scuola, con questo reboot di Doom sono senza dubbio in una botte di ferro: il nuovo pargolo targato id Software è quanto di più vicino alla filosofia del capostipite si possa desiderare, reso ancora più spettacolare da un comparto estetico molto valido ed estremamente fluido. Doom è un concentrato di adrenalina, frenesia, velocità, immediatezza, esplosioni, violenza e distruzione. Il tutto shakerato all’interno di mappe ariose, sviluppate su più livelli, stracolme di demoni che spuntano da ogni dove. Velocità non è però sinonimo di facilità: in Doom ogni mostro va affrontato con intelligenza e destrezza e, paradossalmente, persino un pizzico di strategia. Esistono ovviamente vari livelli di difficoltà pensati appositamente per gli amanti dell’hardcore gaming, come la modalità “Ultra-Nightmare”, in cui una volta morti si ricomincerà la campagna dall’inizio (modalità che nemmeno gli stessi sviluppatori sono riusciti ad affrontare). Seguendo la filosofia dei vecchi Fps, non esiste alcun sistema di auto-rigenerazione ma ci si cura, e si ottengono munizioni, solo raccogliendo kit o uccidendo i nemici, elemento che spinge il giocatore a uccidere per sopravvivere e non star fermo nemmeno un secondo.

Gli sviluppatori hanno introdotto inoltre un sistema di combattimento corpo a corpo molto interessante: una volta storditi i demoni a suon di proiettili, questi assumono una particolare luminescenza e avvicinandosi possono essere terminati con la pressione di un tasto. Una vera e propria esecuzione diversa da un demone all’altro, e che contribuisce a rendere il gameplay ancora più esaltante, stimolante e dinamico. Ovviamente i mostri possono sempre essere eliminati nella modalità più tradizionale. Vere protagoniste del gioco sono ovviamente le armi: lanciarazzi, fucile a pompa, mitragliatrice, e tantissime altre bocche da fuoco e strumenti di morte che non vi sveleremo ma che faranno felici i più nostalgici e allo stesso tempo conquisteranno le nuove leve. Stesso discorso per gli infernali nemici, tantissimi e capaci di offrire una varietà di uccisioni davvero imponente e sempre spettacolare.

Al giocatore non sarà consentito un solo secondo per respirare, se non in alcune fase platforming - caratterizzate essenzialmente da salti e doppi salti da una piattaforma all’altra - in cui è necessario un minimo di esplorazione dell’ambiente per proseguire nel livello e continuare la mattanza di mostri. Un buon modo per diversificare l’esperienza di gioco, che comunque difficilmente annoierà il giocatore vista la frenesia della stessa e la presenza di altre varianti alla distruzione di demoni, come le sfide runiche che, se completate, conferiscono alcuni bonus; queste vanno dall’uccisione di un determinato numero di mostri alla cattura di speciali globi, entro un tempo limite. Ad aggiungere un altro po’ di pepe - come se non ce ne fosse già a sufficienza - ci pensano dei power-up a forma di sfera, reperibili all’interno dei livelli, che migliorano temporaneamente le capacità, come danno quadruplo, super-velocità, invulnerabilità o berserk, che incrementa la forza fisica.

Per restare al passo coi tempi (e rompere parzialmente con la tradizione), id Software ha inserito un sistema di crescita del personaggio, suddiviso in due parti: armatura e armi. Per quanto riguarda l’armatura, è possibile migliorarne le statistiche recuperando alcune speciali chiavi dai corpi morenti di alcuni soldati d’elite. Leggermente più strutturata, invece, la crescita delle bocche da fuoco: queste possono essere potenziate spendendo degli speciali punti che si ottengono eliminando i demoni - fino ad un massimo di 5 a livello - oppure scoprendo segreti e completando le sfide. Non solo: alcuni piccoli robot nascosti nelle mappe danno la possibilità di sbloccare due modalità di fuoco alternativo per ogni arma. Infine ci sono degli speciali globi rossi, sempre da scovare all’interno degli scenari, che incrementano le caratteristiche base del personaggio: livello salute, resistenza armatura e quantità munizioni. Una campagna dunque che è molto più di un semplice tutorial per la modalità multiplayer come spesso accade in altri esponenti del genere Fps, anzi: è proprio il single player la componente più interessante e divertente di questo reboot.

Per quanto riguarda il multiplayer sono disponibili una buona quantità di modalità - dal classico deathmatch a squadre ad altre varianti che prevedono ad esempio il congelamento degli avversari - e un alto livello di personalizzazione del personaggio, con tanto di sistema a classi e potenziamenti. Purtroppo però il tutto sa di già visto e non offre nulla di innovativo, originale o che porti l’utenza ad abbandonare gli Halo e Call of Duty di turno. L’unica discriminante è la spiccata frenesia del gameplay, che viene però in qualche modo imbrigliata e stemperata nelle arene multigiocatore. Chiude il cerchio del pacchetto contenutistico l’editor di mappe Snapmap, che permette di creare ex novo interi livelli e modalità di gioco alternative in maniera abbastanza semplice e veloce. Una possibilità che interesserà a pochi giocatori a cui, invece – come suggerisce il nome stesso – interessa più giocare che creare.

Doom è tornato, e lo fa nel pieno rispetto della sua tradizione con una massiccia dose di frenesia e brutalità. Questo reboot è un videogioco nel senso più stretto possibile del termine: non si perde in velleità narrative o gameplay cervellotici. In Doom si spara e basta, si spara tanto, forse per alcuni anche troppo, ma gli amanti del genere non troveranno in nessun altro titolo uno shooting tanto basico quanto veloce, immediato e divertente.

Marco Locatelli

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