Just Cause 3
Il caos secondo Rico

La formula distruttiva di Just Cause è ancora capace di offrire ore e ore di sano divertimento senza pensieri e senza pretese. Purtroppo permangono ancora i vecchi problemi.

Piattaforma: PC, Xbox One e PlayStation 4

Genere: Action

Sviluppatore: Avalanche Studios

Produttore/Distributore: Square Enix

PEGI: 18

L’estroso e caotico Just Cause torna sugli scaffali dei negozi con un terzo capitolo che ha tutta l’aria di voler proporre all’ennesima potenza il divertente gameplay dei vecchi capitoli fatto di iperboliche acrobazie ed esplosioni a profusione. Dopo l’avventura sulla paradisiaca Panau, il buon vecchio protagonista della serie, Rico Rodriguez, abbandona l’agenzia e torna alla sua terra natia, il fittizio arcipelago Medici, di evidente ispirazione mediterranea (per non dire greca o italiana) ora sotto il controllo del dittatore Di Ravello. Come da tradizione, sarà compito del protagonista mettere i bastoni fra le ruote al despota con l’aiuto di vecchie conoscenze, come Sheldon, e dei rivoluzionari locali organizzati in milizie.

Nonostante le critiche mosse alla non brillante narrativa del predecessore, i ragazzi di Avalanche Studios non sono riusciti nemmeno in questo capitolo a lavorare su una sceneggiatura più interessante e coinvolgente, proponendo una messinscena trita e ritrita con comprimari e antagonisti stereotipati e totalmente privi di pathos. Una criticità non così importante vista la natura fortemente free roaming del titolo, ma anche la sola presenza di personaggi più caratterizzati e credibili avrebbe dato più vivacità all’esperienza narrativa.

Ancora una volta il protagonista del gameplay è il rampino: uno strumento che permette al funambolico Rico Rodriguez di raggiungere strutture elevate, spostarsi velocemente, prendere il controllo di mezzi in movimento e in volo, ma anche collegare fra loro oggetti e nemici e, in questo capitolo, offre la possibilità di riavvolgere il cavo per dare vita a combinazioni davvero creative. Come per i predecessori, il gancio rappresenta il cuore pulsante dell’esperienza ludica di Just Cause 3 ma non è ovviamente l’unica soluzione che ha il giocatore per distruggere strutture o eliminare i nemici: è ovviamente possibile sfruttare diverse bocche da fuoco e mezzi bellici, come carri armati o velivoli militari.

Per quanto riguarda la componente shooting, Just Cause 3 non cambia registro rispetto al passato e continua a proporre un sistema essenziale – forse persino anacronistico – senza coperture o un sistema di mira più preciso (come altri sparatutto in terza persona contemporanei) che avrebbero potuto rallentare un gioco che ha nel dinamismo e nell’immediatezza la sua arma vincente. Anche a livello di movimenti gli sviluppatori non hanno voluto di certo strafare. Non si pretende certo la complessità dell’Ezio Auditore di turno, ma Rico si presenta drammaticamente macchinoso e incapace di scavalcare piccoli ostacoli senza l’ausilio dell’onnipresente rampino.

Dove Just Cause 3 mostra i muscoli è ovviamente nella distruzione. La mappa è molto vasta e presenta paeselli, cittadine e avamposti ricchi di elementi distruttibili come antenne, silos, basi militari, statue e insegne del dittatore, e vanno tutti rasi al suolo per liberare il luogo dall’influenza del generale Di Ravello. Fatto ciò vengono sbloccate sfide e missioni principali. Tutto ciò che viene abbattuto conferisce un punteggio Caos che viene inserito all’interno di una classifica online. Una distruzione concepita dunque in maniera leggermente più ordinata e lineare rispetto al secondo capitolo, dove erano invece i punti caos a sbloccare sfide e missioni. Una scelta dettata evidentemente dalla troppa dispersività del gioco che in questo modo viene in qualche modo imbrigliata.

Se da un lato Just Cause 3 offre comunque molta varietà nelle possibilità di devastazione in modalità free roaming, è però nella campagna principale che la struttura di gioco tentenna, proprio come il suo predecessore. Le missioni offrono situazioni spesso ad alto tasso adrenalinico, ma senza mai stupire veramente. Discorso simile per le sfide, che sebbene riescano ad offrire un interessante alternativa alla distruzione compulsiva, a lungo andare si rivelano troppo ripetitive. Le sfide danno però un piccolo incentivo al giocatore: portandole a termine conferiscono dei punti, denominati ingranaggi, che servono ad attivare potenziamenti da applicare ad armi, granate, veicoli e tanto altro, ampliando in maniera importante le capacità di Rico.

Cinque anni fa, Just Cause 2 era un vero e proprio gioiello grafico. Questo terzo capitolo non riesce invece a stupire come il predecessore e, nonostante un colpo d’occhio generale più che valido, nel dettaglio ambientazioni, mezzi, edifici e personaggi sono poco dettagliati. Inoltre il motore di gioco è mal ottimizzato e soffre di cali di fluidità sia su console che su PC performanti.

Gameplay che vince non si cambia, se sa ancora divertire. E in effetti la formula distruttiva di Just Cause 3, seppur invariata rispetto al predecessore, è ancora capace di tenere incollati i giocatori per ore e ore di gioco senza pensieri e senza pretese. Purtroppo gli sviluppatori hanno mantenuto invariati anche gli aspetti meno riusciti, e questo terzo capitolo soffre esattamente dei medesimi problemi di Just Cause 2: missioni ripetitive e una campagna anonima, con l’aggravante di un comparto tecnico buono ma non stupefacente come in passato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA