The Witness
l’isola degli enigmi

Dopo Braid, il game designer indie Jonathan Blow torna alla carica con The Witness, geniale puzzle game in prima persona che getta il giocatore su un’isola deserta stracolma di puzzle.

Piattaforma: PC e PlayStation 4

Genere: puzzle game in prima persona

Sviluppatore: Thekla

Produttore: Jonathan Blow

Distributore: Sony Computer Entertainment

PEGI: 3

Dopo aver dato prova del suo grande estro artistico e creativo con il platform/puzzle game Braid nel 2009, il game designer indipendente Jonathan Blow torna alla carica con The Witness, puzzle game in prima persona (ispirato all’iconico Myst, avventura grafica anni ’90) che getta il giocatore su un’isola deserta dove sarà chiamato a risolvere quasi 700 enigmi.

In The Witness nulla è chiaro, soprattutto all’inizio. Siamo di fronte ad un gioco severo, ermetico, che non concede nulla. Una volta avviato il titolo, infatti, non viene data alcuna informazione e ci si deve da subito rimboccare le maniche per capire come muoversi e quale sarà lo scopo di questo strano viaggio. L’ambientazione completamente open world permette di girare in lungo e in largo per tutta l’isola senza soluzione di continuità (è anche possibile circumnavigarla a bordo di un motoscafo) e genera una sensazione di libertà e alienazione che potrebbe inizialmente disorientare.

Gli enigmi di The Witness si basano su una meccanica estremamente semplice: il labirinto. Sull’isola sono presenti moltissime tabelle quadrate sulle quali sono disegnati schemi labirintici il cui obiettivo è ovviamente quello di tracciare il percorso che colleghi correttamente il punto di partenza a quello di arrivo. Se all’inizio i rompicapo chiedono semplicemente di passare da un punto all’altro dello schema scegliendo la giusta via, proseguendo nel gioco la situazione si fa gradualmente più complicata e vengono introdotte diverse altre variabili. Ad esempio, alcuni enigmi vanno risolti isolando quadrati bianchi da altri neri, oppure disegnando delle figure geometriche suggerite da labirinto stesso o, ancora, passando per determinati punti. In certi casi la sfida più ardua non sarà «semplicemente» quella di risolvere il dedalo, ma capirne il principio, poiché il gioco - come già detto - non fornisce alcuna informazione o aiuto in merito.

La dinamica dei labirinti non è ovviamente fine a se stessa ma fa parte di una struttura ludica più ampia: ogni volta che si risolve uno schema, infatti, questo - tramite un flusso energetico - ne attiva un secondo oppure aziona leve, porte o altri meccanismi utili per completare la porzione di isola. Il mondo di gioco è infatti suddiviso in una decina di aree che, una volta completate, danno accesso alla prova finale (che non vi diremo per non guastarvi la sorpresa). L’obiettivo finale non è chiaro sin dall’inizio ma emerge poco alla volta, tramite audio messaggi ma soprattutto natura, rovine e anfratti del mondo di gioco. Ogni scenario ha una storia da raccontare, se si avrà la sensibilità di saperla ascoltare.

Spesso i puzzle si intrecciano con la realtà circostante, la quale nasconde indizi fondamentali per la risoluzione, come fasci di luce che indicano la giusta via, pozze d’acqua che riflettono la soluzione (ribaltata) o la posizione di alcuni oggetti che suggerisce come interpretare l’enigma. I puzzle sono tanti, vari, divertenti, difficili, alcuni talmente difficili da diventare frustranti, motivo per cui The Witness non è certamente un gioco adatto ai giocatori più arrendevoli. Ma se si avrà la pazienza di apprezzare la durezza ludica dell’ultimo pargolo firmato Blow, si riceveranno in cambio grandi soddisfazioni.

Un ruolo chiave nell’esperienza The Witness è senza dubbio la direzione artistica. A dispetto di quanto si possa pensare, l’isola non è semplicemente un mondo statico nel quale completare gli enigmi, ma un grande mosaico da ricostruire poco alla volta. L’isola stessa è dunque un grande puzzle, un mistero da risolvere per dare un senso all’avventura, alla presenza del giocatore. Per rendere l’esperienza ancora più malinconica e solitaria (forse anche poetica), inoltre, non è stata utilizzata nessuna colonna sonora ma solamente suoni ambientali.

Come successe per Braid, anche con The Witness Jonathan Blow è riuscito a stupire tutti. Il game designer americano ha portato su PlayStation 4 e PC un puzzle game unico non solo per l’originalità della meccanica e la genialità di certi puzzle, ma anche (e soprattutto) per la particolare atmosfera melanconica e poetica che è riuscito a creare.

Marco Locatelli

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