Figli di stelle
con la «coda»

In questi giorni di inizio anno che vedono imperversare oroscopi e che sono consacrati alle figure dei Magi guidati da una «stella», quale migliore lettura di un libro dedicato alle affascinanti comete?

Si tratta appunto de «L’esplorazione delle comete: da Halley a Rosetta», edito da Hoepli Milano. Ed è opera di Cesare Guaita, un esperto cacciatore di comete, divulgatore di astronomia e conferenziere di lungo corso all’osservatorio Hoepli di Milano.

Il libro si può consultare a più livelli: è un testo scientifico e riporta con attenzione molti dati sulla fisica e la chimica relativa a questi oggetti celesti ancora non del tutto svelati. È il racconto del rapporto storico - e pure preistorico visto che anche nella vicina Val Camonica, sono state trovate incisioni rupestri che le raffigurano - tra l’uomo e queste stelle in movimento che incantavano e incutevano timore, perché sembravano preannunciare dal cielo novità che avrebbero sconvolto la terra. E infine è la narrazione di un pezzo importante della storia dell’astronomia, che ormai si intreccia alle domande fondamentali sull’origine della vita sul nostro pianeta.

Guaita spiega passo per passo come la luce di queste stelle con la coda abbia suscitato la curiosità dell’uomo. Ogni civiltà ha puntato gli occhi al cielo in cerca di risposte a tante domande sul mondo e sull’esistenza, osservazioni che sono divenute presto dei tentativi di comprendere i mutamenti di quelle presenze lucenti e lontane. A tutti è parso evidente che quegli ammiccamenti nel buio del firmamento erano un esplicito invito a raccogliere indizi sulle leggi della natura e le meraviglie del cosmo.

E le comete non fanno eccezione. Anzi la loro forma insolita, le rapide apparizioni e le repentine scomparse, le rendono ancora più misteriose e oggetto di scrupolose indagini. Le troviamo infatti in testi e dipinti antichi, dagli Egizi ai Cinesi, senza scordare Greci e Romani che ci hanno donato la mitologia di tante costellazioni, per arrivare poi - dopo secoli governati per lo più dalla superstizione e dalla volontà di soffocare il dissenso alla dottrina comune - alle prime osservazioni con lenti che ne hanno certificato l’identità distinta dalle stelle «fisse».

Ma per passare dal decisivo «eppur si muove» di Galileo Galilei che ridefinì la concezione del sistema solare, alla compilazione di una chiara carta d’identità delle comete, sono stati necessari decenni di osservazioni e soprattutto di intuizioni di menti brillanti. La cometa nell’antichità era ritenuta un fenomeno terrestre (la conseguenza di gas vulcanici in atmosfera ad alte quote), queste presenze infatti erano troppo irregolari per fare parte della “perfetta” meccanica celeste del sistema aristotelico.

Fu Tycho Brahe nel 1577 a calcolare, usando la Luna come riferimento, la posizione approssimativa di una cometa, stabilendo così che si trattava di un corpo celeste, che viaggiava fuori dall’atmosfera. Keplero invece affermò che le comete erano oggetti celesti, ma non “eterni” come le stelle e che la coda si formava per l’azione dei raggi solari. Altri osservatori fecero qualche progresso per stabilire l’orbita delle comete, ma mancava ancora un tassello importante per fare luce sul mistero delle stelle con la coda.

E questo fu opera di Isaac Newton con la sua teoria della gravitazione universale e dell’astronomo Edmund Halley che scoprì la natura «pendolare» delle comete. Halley sostenne che la cometa apparsa nel 1682 era la stessa osservata da Keplero 76 anni prima e che questa sarebbe riapparsa dopo lo stesso lasso di tempo, nel 1758. Una previsione che si compì con precisione confermando la teoria e aprendo una nuova era negli studi astronomici.

Una volta compreso come si muovono e da dove arrivano, si apre il capitolo sulla natura delle comete. Un capitolo ancora aperto, ma già ricco di scoperte rivoluzionarie. A partire dal fatto - confermato dalle foto della Halley scattate dalla sonda Giotto nel 1986 - che le comete non sono soltanto masse di acqua ghiacciata, bensì corpi dal nucleo oscuro che rivelano la presenza di molecole contenenti carbonio, accumulate nel vuoto stellare. Queste molecole - forse elaborate nelle stesse comete come se fossero dei «laboratori» orbitanti nello spazio - hanno avuto una parte determinante nello sviluppo della vita sulla Terra.

Senza nascondere la sua profonda passione per questa ricerca, Guaita racconta con emozione i momenti cruciali delle osservazioni attraverso i telescopi terrestri e nello spazio, illustra le decisive analisi dei dati e infine spiega le avventurose missioni con le sonde, che hanno tracciato nuove frontiere nella conoscenza delle comete. Una branca dell’esplorazione spaziale forse meno appariscente, perché non coinvolge l’uomo in prima persona, ma non meno preziosa per il progresso scientifico. Nel 21° secolo infatti sono state effettuate missioni che hanno raccolto dati decisivi per capire meglio lo spazio che ci circonda, le dinamiche del sistema solare e di alcuni corpi che lo popolano, come gli asteroidi e le comete. Dopo Giotto e il rendez vous con Halley, sono state inviate a caccia di comete le sonde Deep Space 1, Deep impact e infine Rosetta, che proprio l’anno scorso ci ha regalato l’emozione di un incontro ravvicinato e di un «accometaggio», uno storico atterraggio sul nucleo da parte del lander Philae.

L’esplorazione ovviamente continua, tra ostacoli, imprevisti e grandi soddisfazioni, perché ad ogni passo si dimostra quanto siamo «figli delle stelle». Una parentela che sembra farsi ancora più stretta quando si parla delle affascinanti, e sempre meno misteriose, comete.

Gianlorenzo Barollo

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