Gli Anni Cinquanta in bicicletta
Il nuovo romanzo di Paolo Aresi

C’è un periodo – tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio degli anni Cinquanta – dove si può parlare di «civiltà della bicicletta».

In questi anni è ambientato il nuovo romanzo di Paolo Aresi, «La vita a pedali», in uscita per Bolis Edizioni. Il libro è allo stesso tempo il romanzo dell’infanzia e della giovinezza di Felice Gimondi e una raccolta di racconti, ognuno con protagonista una diversa bicicletta.

«A ispirare “La vita a pedali” è stato il Museo del Falegname Tino Sana, ad Almenno San Bartolomeo. Il nome è riduttivo: nel museo si trova rappresentato il mondo popolare e rurale precedente al boom economico. Sono esposte anche 30 biciclette adattate ai diversi mestieri: quella del barbiere, del calzolaio, dell’arrotino, del gelataio, del fotografo. Un tempo, nei paesi e nelle cascine, si aspettava con ansia il loro arrivo. Accanto a queste bici da lavoro ci sono quelle dei campioni, da Coppi, a Merckx, a Gimondi. Ho unito così la storia di Gimondi e i diversi mestieri», racconta l’autore. Paolo Aresi, giornalista de «L’Eco di Bergamo», ha già dedicato all’amata due ruote il romanzo «Ho pedalato fino alle stelle», edito da Mursia nel 2008, storia di una fuga estiva in bicicletta. Oltre a questo, ha pubblicato sette romanzi e un’antologia di racconti. Ha una predilezione per la narrativa di fantascienza, tanto da avere vinto nel 2004 il premio Urania con «Oltre il pianeta del vento».

«La vita a pedali» sarà presentato a Bergamo sabato 8 novembre, alle 18, alla Libreria Palomar, in via Angelo Mai. Saranno presenti l’autore e Pepi Merisio, autore della foto di copertina, che rappresenta alla perfezione lo spirito del libro. Domenica l’autore sarà a Chiari (Brescia) per presentare il libro in occasione della Rassegna della Microeditoria 2014, alle 18, alla Villa Mazzotti, via Mazzini 39. «La vita a pedali» intreccia la storia principale di Gimondi bambino con racconti sempre ispirati alle due ruote.

«Da un lato l’epopea sportiva, dall’altro la quotidianità umile di chi usava la bici per lavoro – sintetizza Paolo Aresi –. In comune c’è un grande senso del progresso e una voglia di riscatto da cui sarebbe bello lasciarci ispirare oggi». Il libro riserva diverse chicche per gli appassionati di ciclismo: ad esempio la storia del padre di Gimondi, per dieci anni boscaiolo in Amazzonia, che con i soldi risparmiati comprò un camion a vapore. Una cura particolare è riservata alla descrizione delle bici dei mestieri, veri e propri capolavori di ingegno. E così scopriamo che la bici dell’ombrellaio, come quella dell’arrotino, aveva la possibilità di spostare la catena in modo che potesse muovere anche l’ingranaggio della mola. Per vedere le bici dal vivo, non resta che fare una visita al Museo del falegname.

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