I sogni sottili e taglienti
Il ritorno di Romain Gary

I sogni sono fatti di una materia sottile, insidiosa, dolce e tagliente insieme. Nei racconti raffinati di Romain Gary, raccolti nel volume «Una pagina di storia» (Neri Pozza), sono come bombe inesplose che tutti maneggiano delicatamente, finché un movimento accidentale le porta a dilaniare la vita dei protagonisti.

I sogni sono fatti di una materia sottile, insidiosa, dolce e tagliente insieme. Nei racconti raffinati di Romain Gary, raccolti nel volume «Una pagina di storia» (Neri Pozza), sono come bombe inesplose che tutti maneggiano delicatamente, finché un movimento accidentale le porta a dilaniare la vita dei protagonisti.

Sogni come scudi che proteggono delicatissime sensibilità, sogni come cuscini che difendono dall’impatto con il mondo esterno, che proteggono, perfino, dai ricordi. Ma a un certo punto, inevitabilmente, arriva il momento di fare i conti con la vita e con ciò che si è realizzato davvero.

Queste brevi storie di Gary sono tratte da un’opera più ampia, «Les oiseaux vont morir au Pérou» (Gli uccelli vanno a morire in Perù), scritta nel 1960, e vengono pubblicate ora in occasione del centenario (l’8 maggio) della nascita di questo autore francese (ma di origine lituana, il suo vero nome è Romain Kacev). Un’occasione per scoprirlo o riscoprirlo. Il suo più grande successo è «La vita davanti a sé», che firmò con lo pseudonimo di Emile Ajar, in modo da poter partecipare per la seconda volta nel 1975 al premio Goncourt, che aveva già vinto anni prima, nel 1956 con «Les racines du ciel» (Le radici del cielo). Grazie a questo astuto escamotage, vinse di nuovo.

Mandò il nipote alla premiazione e l’inganno fu scoperto soltanto dopo la sua tragica morte, nel 1980. Gary era un dandy, un uomo bello e tormentato, un seduttore, un eroe di guerra, un viaggiatore, un diplomatico. In questi racconti aerei, pieni d’energia, tratteggia personaggi indimenticabili, dal conte di N., ambasciatore di stanza a Istanbul, che maschera con modi ineccepibili passioni inespresse, al collezionista d’arte che si ritrova messo all’angolo in una disputa su un Van Gogh falso. E ancora Kopfff, ottuso soldato nazista avido di gloria, che non si accorge di essere usato come strumento di vendetta personale. C’è infine Zvonar, partigiano di Tito, che prima della guerra viveva a Belgrado con la moglie e i tre figli e faceva il giornalista. Lo sguardo di Gary è scanzonato, disincantato, a tratti cinico: una riflessione lucida su su «le phénomène humain», sull’uomo, sul destino e sulla natura delle illusioni.

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