Il nuovo libro
di Paola Mastrocola

Una mamma, un figlio di sei anni: «Leone» (Einaudi, pp. 223, euro 18,50), ultimo romanzo della torinese Paola Mastrocola.

La scrittrice legata, soprattutto, ai temi della «squola», di cui ha denunciato le assurdità, aporìe, irrazionalità velate di ideologismi, con tanto di orrendo scolastichese e dissennata sfibrante modulistica, qui tratta, per il lettore, e incontra, forse, lei per prima, «qualcosa d’inaspettato». Un po’ come la sua protagonista, Katia, che, cassiera alla cassa n. 19 del supermercato Gi Kappa, madre, da cinque anni, senza marito, sogna davanti alle vetrine dei negozi di abbigliamento, senza permettersi di entrare: «Il bello era aspettarsi qualcosa di inaspettato».

La prima, forse migliore qualità del romanzo è, proprio, la rappresentazione della vita di questa donna. Una mamma «volante», come la vede il figlio bambino. Tutta una tensione per «fare prima», per sbrigare tutte le cose, compere, commissioni, nel minor tempo possibile, magari facendone più d’una contemporaneamente. Sul fondo, scomodo, doloroso, il retropensiero, non a caso, della vecchiaia che aspetta: quel male alle ginocchia. Una vita, quella di Katia, in cui non c’è tempo né, tantomeno, soldi. Ci sono le vetrine. Proprio mentre, una volta, trova il coraggio di farsi un regalo, passando la barriera sogno-realtà ed entrando nel negozio, di colpo non vede più Leone. Un bambino «buono», che non si lamenta mai, non urla per avidità, non fa capricci. Lo ritrova per strada, inginocchiato sul gradino del marciapiede, che prega. Katia arrossisce, avverte, quasi, un senso di vergogna. La preghiera, tutt’al più, è «normale» nei luoghi deputati. Da dove ha preso Leone, quel gesto, così lontano dalle abitudini viste/vissute in famiglia? Lei non prega. Non prega il padre, Oscar, che di lavoro scarica cartoni nei negozi, e se n’è andato dopo un anno di matrimonio. Un uomo grande e grosso «come una montagna», la cui filosofia di vita è: «fatti valere». Da dove ha preso Leone quell’abitudine? Compare, allora, gradualmente, discretamente, alle spalle di tutti, il fantasma della nonna materna, Teresa, figlia di un’Italia scomparsa, un’Italia di contadini. È quella nonna, ora volata in cielo, con gli angeli, che ha insegnato a Leone la forza che viene dal credere. Con un clamoroso rovesciamento di ruoli, sarà proprio un bambino, che muoveva a sorriso o vergogna, a testimoniare con il suo esempio, contagiando chi, per età, avrebbe dovuto educare lui. 

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