Kamchatka, il rifugio
La fuga per sopravvivere

«Kamchatka» è «quella lingua gelata che che la Russia mostra all’Oceano Pacifico per farsi beffe dei suoi vicini d’oltremare», un Paese dalle nevi eterne e dai cento vulcani. Ma è anche un «non luogo», un simbolo.

«Kamchatka» è «quella lingua gelata che che la Russia mostra all’Oceano Pacifico per farsi beffe dei suoi vicini d’oltremare», un Paese dalle nevi eterne e dai cento vulcani. Ma è anche un «non luogo», un simbolo. «Non è segnato su alcuna mappa, i posti veri non lo sono mai» dice la citazione tratta da Moby Dick di Melville sul frontespizio del romanzo dell’argentino Marcel Figueras (L’Asino d’Oro, pagine 376, euro 14).

Kamchatka è quella nazione che nel gioco del Risiko nessuno vuole mai conquistare. Ma all’inizio di questo romanzo è soprattutto l’ultima parola sussurrata all’orecchio da un padre al figlio di dieci anni, «la parola dell’addio». Suona come un segreto: è l’ultimo luogo della resistenza, ma solo alla fine si comprende davvero come e perché. Siamo in Argentina, nel 1976.

Il romanzo di Figueras, scritto all’inizio degli anni Duemila, portato sul grande schermo da Marcelo Piñeyro, e ora ben tradotto da Gina Maneri, narra con la voce di un ragazzino la dittatura di Videla. Parte dall’intimità di una famiglia borghese di Buenos Aires - papà avvocato, mamma insegnante universitaria, due bambini di 10 e 5 anni - e mostra come la sua vita venga sconvolta.

Una mattina la mamma piomba a scuola e porta via i suoi figli sulla sua Citroën due cavalli. Così incomincia una sorta di «gioco» che i genitori impongono ai bambini: bisogna cambiare vita, lasciare gli amici, restare nascosti. I due ragazzini vengono incoraggiati a vivere la fuga come un’avventura: nella villetta di campagna dove si rifugiano assumono una nuova identità, scelgono i nomi dei loro eroi (il protagonista diventa Harry, come Houdini, maestro di vita e di «escapologia», l’arte della fuga), inventano una nuova routine. Nel romanzo, leggero, ironico e commovente, abbondano i riferimenti alla cultura pop degli anni ’60 e ’70. La mamma, come Superman, il supereroe preferito, è dotata di superpoteri: lo «Sguardo di ghiaccio», l’«Urlo paralizzante» e il «Sorriso disintegratore». Harry gioca sempre a Risiko con il padre, che non lo lascia mai vincere. Il romanzo è un percorso di crescita, un viaggio nel tempo che rievoca le sofferenze di una generazione incolpevole. Figueras indaga su quanto coraggio occorra per vivere esiliati dai propri affetti, dalle proprie radici.

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